Le incertezze sulla scuola

Viviamo in un momento di grande incertezza che ci ha lasciato in eredità il virus assieme alla paura; la nostra paura  è stata alimentata, forse anche troppo, da Istituzioni, media e soprattutto dai virologi che hanno condiviso tra loro solo questo aspetto, con continui richiami al pericolo cui siamo esposti,  mentre hanno espresso opinioni diverse su tutto il resto. Durerà fino alla scoperta di un vaccino, dicono alcuni, mentre per altri sarebbe inutile in quanto nel mentre il vaccino muta; ci sarà una seconda ondata presumibilmente in autunno con il ritorno delle stagioni fredde, secondo altri invece il virus si è depotenziato e quindi  non lo dobbiamo più temere: può contagiarci ma non uccide. Dalla  mancanza precisa di una linea di indirizzo si è proceduto a tentoni. Caso emblematico è quello delle scuola per la quale si sono ipotizzate continue ipotesi di riapertura poi modificate in un baleno. Forse apriranno a settembre, intanto dobbiamo fare investimenti per aumentare la capienza delle aule, in modo da garantire la distanza sociale fra gli studenti. Dopo tante tergiversazioni sembra definitiva la data del 14 settembre. Allora ci chiediamo come mai tanta cautela per la scuola, mentre le attività produttive sono ripartite quasi tutte. Viene quindi da chiedersi  se per questo ambito prevale l’esigenza della produzione e della ripresa dell’economia, anche con un rischio per i lavoratori di quei comparti. Mentre invece non lo si accetta per la PA che può avvalersi dello smart working ed in particolare per la scuola dove non c’è una produttività misurabile, ma sicuramente ci sarà un grosso deficit formativo di cui però in pochi si fanno carico. Pietro Balugani