Arturo Toscanini e Matteo Salvini

La Voce dei Lettori

Arturo Toscanini, fascista “antemarcia”, candidato insieme a Mussolini nelle elezioni del 1919, si distaccò progressivamente per ragioni più psicologiche e caratteriali che per ragioni politiche,  dal regime che lo coccolava.:  va detto infatti che di democratico nello stile e nelle idee di Toscanini c’era ben poco. Nel 1931 Toscanini rifiutò di aprire a Bologna un concerto suonando la Marcia Reale (inno nazionale) e Giovinezza, come era prassi invalsa. Il rifiuto irremovibile nonostante molti tentativi di mediazione, gli costò un ceffone erogatogli da una “camicia nera”, Guglielmo Montani. Da qui la fama di martire antifascista di Toscanini, che fu anche la sua fortuna. Da qui ancora ripetuti spargimenti di cenere sul capo ogni volta in cui l’episodio tornava alla luce, fino ad arrivare addirittura all’apposizione di una lapide in largo Respighi e a cerimonie espiatorie ripetutesi anche recentemente. Adesso capita che l’on. Salvini sia ripetutamente aggredito, fisicamente minacciato, danneggiato: come reazione riceve fiacche attestazioni di solidarietà unite a demenziali dichiarazioni che approvano le aggressioni e che ne danno la colpa a Salvini stesso. A parte la diversa statura di Toscanini e di Salvini non vedo ragioni per questa differenza di valutazioni: forse dipenderà dal fatto che Toscanini suonava (non sempre ineccepibilmente) solo musica, mentre Salvini minaccia di suonarle, politicamente ben inteso, alla sinistra.

Marco Zanini