Stop ai mercati asiatici dove nascono i virus

La lettera. Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 10 aprile 2020 - Leggo con costernazione che in Cina sono stati riaperti i mercati di animali selvatici e sono riapparse sconvolgenti  immagini. Ho capito perché il loro appellativo è wet market: il mercato è bagnato perché a terra scorre il sangue degli animali sgozzati al momento. Qualche settimana fa il Governatore Zaia disse quello che tutti noi pensiamo e per questo è stato oggetto  di critiche spropositate. Con amarezza abbiamo dovuto constatare quanto sia asservita alla Cina la nostra informazione politicamente corretta al punto tale che nessuno può  lamentare la evidente mancanza di globalizzazione delle norme igieniche, pena il “pubblico ludibrio”. Tutti abbiamo visto alla televisione i mercati delle grandi città cinesi  allestiti per la vendita di derrate alimentari costituite per la maggior parte di animali vivi. La vendita ad uso alimentare di animali per noi solo da affezione ci ha inorridito, ma ciò che potenzialmente avrebbe potuto nuocere in modo letale alla loro salute ed a seguire anche alla nostra erano animali fuori dalla nostra concezione di edibilità come topi e pipistrelli.  Zaia lo ha detto a voce alta e la maggior parte di noi condivide.  Rivolgo un appello alle associazioni animaliste: forza facciamo sentire il nostro dissenso a pieni polmoni e mobilitiamoci affinché le barbarie a danno degli animali che avvengono nei mercati cinesi cessino per sempre. Sergio Cavalli

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Tutte le grandi epidemie  che hanno invaso l'Occidente negli ultimi cento anni sono arrivate dall'Est asiatico. E quasi sempre il punto da cui si sono propagate sono i cosiddetti mercati umidi, dove gli animali vengono presentati vivi e spesso uccisi sul posto, dove si mischiano sangue, feci, residui organici. In questa totale mancanza di igiene si sviluppano malattie e virus che con cadenza pluridecennale infestano popolazioni  del posto e si allargano all'Occidente. Su questo aspetto bisognerà mettere ordine. Se l'Est asiatico si rapporta con l'Occidente in modo corretto per il commercio e l'industria lo deve fare anche sul piano sanitario e igienico. E la Comunità internazionale finita questa tempesta dovrà occuparsene. Ora pensiamo a salvare la pelle.  

beppe.boni@ilcarlino.net voce.lettori@ilcarlino.net