Rabbia sociale e divieti da rivedere

Risponde il condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 28 ottobre 2020 - Le sommosse recenti di Napoli e Roma sarebbero opera dei soliti facinorosi di professione, ci si dimentica che la gente comincia ad aver fame e le rivoluzioni si fanno con la pancia vuota, fu così in Francia ai tempi di Luigi XVl ma anche in Lombardia di manzoniana memoria. E più in là preludio delle sette giornate di Milano, con gli assalti ai forni del pane. Erano facinorosi anche quelli?  

Augusto Bertocchi Risponde il condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni

La rabbia sociale di questi ultimi giorni è un pericoloso campanello d'allarme. Mezza italia si è sollevata contro i provvedimenti di chiusura del governo che ora sta correndo ai ripari con  ristori e contributi per le imprese in difficoltà. A Napoli, Torino, Milano probabilmente hanno alimentato il fuoco centri sociali, ultradestra e violenti di turno, ma le proteste forti , e pacifiche, si sono moltiplicate ( e non cessano) a Bologna, Firenze, Ancona, Forlì, Pesaro. I ristoratori vanno in piazza e molti aprono ugualmente nonostante le sanzioni. Parliamoci chiaro: qualche sacrificio va fatto, qualche chiusura mirata e meglio organizzata sugli orari va messa in conto altrimenti dal contagio, in attesa del vaccino, non ne usciamo. Ma le chiusure trasversali senza ascoltare i consigli delle regioni ( con governi di centrodestra e di centrosinistra) rischiano di mettere in ginocchio anche attività che rispettano tutti i protocolli e dove sono possibili le distanze (palestre). Bisogna tirare la cinghia e rinunciare a libertà di movimento, ma le decisioni prese vanno rielaborate.  

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