Aziende aperte e lavoratori in sicurezza

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 5 aprile 2020 - Si continua a ripetere che la situazione è grave e aumentano i divieti alle uscite. Ma alcune aziende produttive (parlo di quelle che producono beni non di prima necessità) sono ancora aperte e molti genitori devono continuare ad andare a lavorare. In questo modo si mette a rischio la salute, e forse la vita, dei genitori che vanno al lavoro e di tutto il resto della famiglia che sta chiusa in casa rispettando i divieti. A che cosa serve rispettare i divieti se poi ci sono persone che rischiano di ammalarsi sul posto di lavoro? Tra l’altro, a causa di questa situazione, sia sul posto di lavoro che a casa la tensione è ai massimi. La gente sa che lavora rischiando la vita, ma il senso del dovere impone di non trovare espedienti per non presentarsi. Noi pensiamo che in questo momento sia saggio fermare immediatamente tutte le attività produttive di non stretta necessità.

Roberta Simonini

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Il suo è un discorso di buonsenso, ma non si può fare di ogni erba un solo fascio. I recenti decreti, del governo e regionali, hanno messo ordine nell'apertura delle aziende e onestamente sono rare quelle aperte a meno che non producano beni di prima necessità. Peraltro si comincia a parlare di riaperture graduali per evitare quello che in parte sta gia avvenendo e cioè che l'economia affondi. L'aspetto fondamentale è che le istituzioni controllino i criteri di sicurezza adottati dalle aziende che restano attive. Molte imprese (Ferrari, Lamborghini, Macron) hanno riaperto riconvertendo la produzione per sfornare parti meccaniche necessarie alla sanità (ventilatori polmonari) o abbigliamento di protezione (mascherine, camici, tute) e lo fanno garantendo soprattutto la sicurezza dei dipendenti che con spirito di servizio si recano al lavoro. Anche questa è l'Italia generosa. beppe.boni@ilcarlino.net

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