I social contro la guerra

La voce dei lettori

La prima sensazione è di colpa e di impotenza. Che cosa posso fare? La seconda è provare a fare. Manifestare, firmare petizioni, pregare, raccogliere soldi, portare farmaci. Manifestare con gli antimperialisti e poi con gli ucraini anche se sono cortei diversi? Anche se gli uni dicono né con Putin né con la Nato e gli altri chiedono no fly zone? Sì. Io porto la mia necessità di dire no alla guerra e si alla pace. Spinta dal basso. Firmare per l’Ucraina nella Ue e per Putin processato alla Corte dell ‘Aja? Sì. Tutto quello che è possibile come spinta dal basso per spingere per le trattative. La prima sensazione è di dover fare qualcosa. Come spiegare agli altri che ci si è girati dall’altra parte. Voi ci riuscite? Ma la storia è molto più complessa. Uno dice: un aereo attacca un altro paese. Perché non mandate i vostri a tirarlo giù? Perché, che differenza c’è fra una nazione che sta settanta chilometri più in qua o più in là. Rispetto a cosa poi? A dei muri che ci siamo creati noi? Ma non è così semplice appunto. Ci sono degli spettri sinistri, ci possono essere conseguenze nefaste. Perché la guerra non è mai “democratica”. Non da onore come nell’Iliade. È esercito contro civili. Lotta impari. Io non so come stanno le cose. Qual è la radice del male. Ma so che bisogna fermare questo male. E non fomentare nazionalismi. Dobbiamo dare tutto il possibile per la pace. Non è armare un popolo la soluzione.  Usiamo i social per una volta e non facciamoci usare da loro. Manifestiamo dinanzi alle ambasciate russe, americane e cinesi. Gridiamo ai soldati: "siete padri siete figli, disarmatevi”. I nostri nonni ci hanno dato la libertà e hanno dovuto combattere. I nostri padri hanno ricostruito e ci hanno donato il benessere, il compito della mia generazione è dire no alla guerra. Cercare ogni soluzione, spiraglio e trattare. Tentare con ogni forza.

Daniele Piccinini