Sostegni per gli agricoltori che hanno creato i boschi

La lettera. Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Bologna, 21 giugno 2021 - Credo di interpretare decine di casi analogo al mio. A fine anni 1990 la comunità economica europea ha proposto sovvenzioni per gli agricoltori che avessero piantumato boschi al posto di coltivazioni agricole, allora c’era la necessità di limitare le produzioni per tenere i prezzi più alti ma in particolare per abbassare le quote produttive di barbabietole a favore di Francia e Germania. La sovvenzione prevedeva circa 1.000 € a ettaro che corrispondeva più o meno alla rendita della coltivazione. Il contratto della durata di 20 anni prevedeva il rimboschimento. Molti contadini  hanno aderito per due motivi principali: difficoltà al cambio generazionale;  difficoltà crescenti a lavorare piccoli appezzamenti di terreno con  bassa tecnologia e reddito sempre inferiore. Il corrispettivo europeo consentiva di pagare le tasse e mantenere il terreno con un piccolo guadagno. Ora a distanza di 20 anni i contratti sono tutti scaduti e il compenso è cessato. Scaduto il contratto i terreni potrebbero essere venduti e ritornare alla produzione agricola (qui ci sono conflitti sul possibile disboscamento tra forestale- comuni e agricoltori). Basterebbe a questi agricoltori togliere le tasse (io ho 8 ettari di bosco e pago 750 € di burana e tra imu e costi di mantenimento arrivo a 4.000 € annuo di costi vivi) o dare il corrispettivo dei costi di mantenimento per salvaguardare un patrimonio ventennale in cui animali hanno trovato dimora. Ci sono progetti di riforestazione a costi allucinanti sostenuti dalla Regione per acquistare terreni da rimboschire mentre ci sono centinaia di ettari che rischiano di scomparire per le tasse, alcune anche anacronistiche. Come può un agricoltore lasciare ai propri figli un bosco che genera una perdita annuale?  In Regione, in Provincia e nei comuni si palleggiano da anni il problema, ora discutiamone. Mirco Pincelli, Camposanto (Modena)

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni  

La nuova Pac, politica agricola europea, pare abbia in programma, ma non è certo, di affrontare in termini economici e di finanziamento il mantenimento delle aree verdi allestite con i ritiri ventennali. Il tema è sul tavolo dell'Europa. La Regione, e in questo il lettore ha ragione, deve farsi carico di questo problema  in tandem, ma anche senza, la Pac. Il patrimonio naturale che si è creato in questi anni in pianura è da salvaguardare nel modo più assoluto, non si può disperdere nel vento. Certo, si è trattato di un aiuto agli agricoltori ma nello stesso tempo ne ha beneficiato l' habitat con la rinascita ambientale di migliaia di ettari che nello stesso tempo ha consentito di ripopolare grandi aree di animali. E comunque il verde e l'ambiente, animali a  parte, sono un beneficio per tutti, un patrimonio da difendere. La Regione in questi mesi ha affiancato il Governo nel sostegno di privati e aziende travolti dalla crisi. Una priorità, non c'è dubbio. Ma si può e si deve anche trovare il modo di non disperdere e di mantenere il tesoro creato con i ritiri ventennali. Gli agricoltori non pretendono elemosine ma un meccanismo che sostenga i loro sforzi.  

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