Università, il rebus del test

La lettera. Risponde Beppe Boni

Bologna, 20 settembre 2022 - Pur essendo avanti con gli anni avevo maturato il proposito di iscrivermi al corso di Lingue e Letterature straniere presso l'Alma Mater confortato da una buona padronanza di inglese, francese e tedesco. Ho sostenuto e fallito l'assurdo test di accesso composto da 50 domande nessuna delle quali pertinente con questa facoltà. Mi domando: ma per studiare Lingue straniere è meglio sapere le lingue o essere abili ad incastrare figure geometriche?

Bruno Tabarroni

Risponde Beppe Boni

Le regole del test di ammissione sono chiare. Prevedono una preparazione di cultura generale (letteratura, storia, geografia, storia dell'arte, educazione civica, filosofia) logica e comprensione di brani. E ovviamente una buona conoscenza della lingua italiana e della lingua inglese e una opportuna conoscenza di una seconda lingua straniera (in relazione al corso di laurea). Gli esperti che hanno elaborato il test hanno evidentemente ragionato in base ad una logica di impiego futuro di chi si prepara in lingue straniere. Oggi il mondo è una casa aperta, quasi senza barriere. Le aziende, la società, la pubblica amministrazione hanno necessità di contare su competenze ampie che alla conoscenza di una lingua sappiano anche coniugare una preparazione culturale e geopolitica di buon livello. Certo, non è un test d'ingresso che qualifica lo spessore di un futuro laureato, ma è pur sempre un passaggio utile a capire chi sono gli studenti più preparati alla formazione linguistica in vista di un impiego di grande visione. Piuttosto, in tema di iscrizioni universitarie sarebbe ora di abolire, secondo una corrente di pensiero abbastanza diffusa, il test di medicina. C'è carenza di medici (bravi) ma l'ingresso alla facoltà è un imbuto stretto. Meglio sarebbe aprire le iscrizioni, ma applicare un criterio fortemente selettivo fin dall'inizio per far sì che i migliori e i più motivati vadano avanti e gli altri scelgano un percorso diverso.

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