"Colpiti i simboli di Ferrara Temetti un’altra L’Aquila"

Il sindaco Alan Fabbri 10 anni fa guidava il Comune di Bondeno, tra i più distrutti: "Ricordo la polvere e le urla ma ci siamo rialzati: c’è stata una reazione esemplare"

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di Cristiano Bendin

Durante le scosse che, nel 2012, portarono rovina e morte anche nel Ferrarese, era sindaco di Bondeno, tra i Comuni del cratere più colpiti dal terremoto. Nel 2022, dieci anni dopo quei fatti, Alan Fabbri è primo cittadino di Ferrara, l’unico capoluogo di provincia dell’Emilia colpito dal sisma direttamente al cuore: abitazioni private ma anche e soprattutto chiese e monumenti, compresi il Duomo (tuttora chiuso in seguito alle ferite) e il Castello Estense, simbolo della città.

Fabbri, innanzitutto cosa ricorda di quel 20 maggio 2012?

"Allora ero sindaco di Bondeno ma ogni cosa è rimasta nitidamente impressa nella mia mente. Erano le 4.04 quando mi svegliai di soprassalto: pensavo fosse caduto un aereo vicino a casa, poi realizzammo che era stata una forte scossa di terremoto. Ricordo la polvere e le urla dei vicini. Presi subito l’auto e, assieme a mio padre, feci una perlustrazione per vedere cosa fosse successo. Non dormii per due notti tra le cose da fare, la preoccupazione e la paura per le scosse di assestamento".

Quali furono le priorità in quei primi momenti?

"Tutti chiedevano le tende, che però non c’erano. Mi scontrai con Gabrielli, allora numero uno della Protezione civile, perché voleva costruire dei campi tenda solo nel Modenese: alla fine lo convincemmo ad allestirne anche a Bondeno e Scortichino".

Dieci anni dopo quegli eventi lei è sindaco di Ferrara: com’è la situazione?

"Ferrara riportò gravi danni soprattutto ai monumenti e alle chiese ma la ricostruzione è andata bene. Ho più volte pensato che se l’epicentro fosse stato più vicino al capoluogo, Ferrara si sarebbe trasformata in un’altra l’Aquila, con distruzione totale e morte. Ecco perché è stato, ed è importante ricostruire con le più moderne tecnologie antisismiche: uno sforzo pubblico- privato che ha coinvolto, e deve continuare a coinvolgere, Comuni, Regione e Stato".

A che punto è la ricostruzione nel dettaglio?

"Sono stati realizzati interventi sui beni monumentali per 38,4 milioni di euro, su scuole e palestre per sei milioni, su immobili istituzionali per 9,4 milioni e sugli alloggi Erp per 5,8 milioni per un totale di ben 59,6 milioni di euro: il 72 per cento di questi lavori è stato realizzato; il restante 28 per cento è in fase di realizzazione".

Quali sono le fonti di finanziamento di questi interventi post sisma?

"Dalla Regione è giunto il 65 per cento dei fondi, pari a 38,8 milioni: 20,3 milioni, pari al 34 per cento, derivano dalla copertura assicurativa e l’1 per cento, pari a 0,5 milioni, dai privati".

E i contributi ai privati per la ricostruzione?

"Sono state accettate 457 richieste tramite Mude: 354 per inagibilità temporanea, 58 per inagibilità pesante e 45 per inagibilità leggera. Di tutte quelle arrivate, 25 sono decadute o c’è stata una rinuncia del richiedente. Il tutto per un totale di 53,1 milioni di euro di contributi approvati. Il 92 per cento dei lavori è terminato, in corso è il restante 8 per cento".

Dati che possono farci dire che il modello Emilia di ricostruzione ha funzionato?

"In generale sì. Anche la burocrazia, che in linea di massima rappresenta un freno, non ha ostacolato più di tanto. Anzi, ha fatto da buon filtro contro le infiltrazioni mafiose e malavitose. Buona anche la gestione che definirei locale e federalista attuata dalla Regione, un modello da esportare in altre zone".

E poi la tempra degli emiliani: pochi piagnistei e subito al lavoro...

"Assolutamente sì. Grande forza di reazione, grande impegno dei privati e incredibile forza di volontà ma anche una grande mobilitazione da tutta Italia per aiutarci. E così una terra come la nostra, da sempre abituata a dare aiuto, ha sperimentato la bellezza di ricevere aiuto e solidarietà dagli altri".

Quali i problemi della ricostruzione da risolvere?

"La priorità in questo momento è adeguare il prezzario perché le imprese edili non ci stanno più dentro con i costi".