"Contenute le vittime rispetto alla magnitudo"

Il sismologo Paolo Gasperini (Unibo): "Merito della manutenzione nelle case. Intensità simile a quelli dell’Aquila e Amatrice, ma lì ci furono molte più perdite"

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di Marco Santangelo

BOLOGNA

"Non si può dire che fosse un terremoto atteso, anche se non era inaspettato". Il sismologo e professore dell’università di Bologna, Paolo Gasperini, usa questa ’battuta’ per raccontare il sisma che nel 2012 sconvolse l’Emilia-Romagna.

Professore Gasperini, in che senso non era un terremoto atteso?

"Perché l’area che ha colpito non è tra quelle più sismiche, almeno per quanto riguarda la storia sismica della nostra nazione. Tuttavia, non era inaspettato, in quanto ha riguardato un territorio che, pur essendo di pianura, si trova al di sopra di una catena montuosa, sepolta sotto i sedimenti del Po".

La magnitudo non è stata così diversa dai terremoti che hanno colpito L’Aquila, nel 2009, e Amatrice, nel 2016.

"Un terremoto con una magnitudo pari a quella della prima scossa, ossia 6.1, si verifica in Italia circa una volta ogni sette anni ed è spesso associato a parecchie vittime e innumerevoli danni. Ma nella nostra regione, fortunatamente, non è andata proprio così. Sembra un discorso un po’ cinico, ma con una magnitudo del genere ci sono state davvero poche vittime rispetto all’Aquila o Amatrice".

Perché?

"Il terremoto ha colpito una zona in cui le abitazioni residenziali erano state ricostruite e trattate con la giusta manutenzione. Avevano una resistenza intrinseca al sisma, anche se non erano state progettate, nello specifico, per resistere alle oscillazioni, dato che quell’area, fino a qualche anno fa, non era nemmeno considerata a rischio".

Alcune vittime, però, sono legate al crollo di capannoni industriali.

"Ecco, i capannoni, alcuni edifici pubblici vulnerabili e le casette di campagna sono crollate o hanno subito dei danni, mentre quelle residenziali sono rimaste intatte nella maggioranza dei casi. Il crollo di alcuni capannoni è da collegare a strutture costruite in un periodo in cui non era richiesta nessuna normativa antisismica, dato che fino al 2003-2004 l’Emilia-Romagna era abbastanza esclusa dalle zone considerate pericolose. Per questo nessuno pensava fosse necessario difendersi dai terremoti, poiché ci troviamo in pianura. Ma si sbagliavano".

Dal 2004, quindi, cos’è cambiato?

"Che la regione è stata inserita in una zona a rischio medio, anche se il termine esatto è ’pericolosità’. Adesso è stata pubblicata una nuova analisi, da noi sismologi, che valuta la probabilità di scuotimento e l’Emilia-Romagna entra ancora di più in una classe di rischio non altissima, ma comunque notevolmente presente".

C’è da preoccuparsi?

"La maggior parte delle case, comprese quelle non costruite in cemento, hanno resistito. Questo dimostra che non conta solo la costruzione o le annesse tecniche, ma anche e soprattutto la manutenzione. Bisogna applicare dei ’retrofit’ alle abitazioni, in modo che siano più resistenti in caso di scuotimento".