L’Emilia s’è desta, bentornato Presidente

Mattarella atteso nel Modenese a dieci anni dal terremoto. Tappa istituzionale a Medolla e inno insieme ai bambini a Finale Emilia

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Valeria

Selmi

Bentornato Presidente! L’Emilia "modello" per la ricostruzione, l’Emilia solidale, l’Emilia laboriosa, l’Emilia dei grandi centri – ricchi di arte e storia – e delle sconfinate campagne, oggi accoglierà nuovamente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A dieci anni dal devastante terremoto, e cinque dopo la precedente visita istituzionale, l’Emilia dovrà riconfermarsi, agli occhi dell’Italia, esempio di rinascita, oggi più che mai essenziale per incoraggiare un Paese provato dal lockdown e ora in affanno per gli effetti della guerra. Tragedie lontane e vicine, di alcuni paesi o di una intera nazione, ma ciascuna, a suo modo, una sfida da vincere. "La vostra volontà ha sconfitto anche la paura. La ricostruzione in Emilia è un modello da esportare, punto di riferimento per tutti" disse lo stesso Mattarella il 29 maggio del 2017 a Mirandola, anniversario della seconda scossa. La Bassa modenese che fa scuola e che dalla scuola è ripartita. E’ stata una decisione saggia – sottolineò allora il Presidente – dare la precedenza a scuole e aziende, perchè "i centri storici possono attendere, sono ’pazienti’". Cinque anni dopo, non sarà smentito. Lo dimostrano i numeri a tre cifre: si contano opere di ripristino su 570 istituti inagibili – rimarca il bollettino della Regione – , ora scuole moderne, antisismiche e a risparmio energetico.

Gli stessi numeri che testimoniano, però, una ricostruzione a due velocità come pronosticato: immediata sui servizi pubblici e nell’edilizia privata, più difficoltosa e certosina per i beni culturali con 651 cantieri conclusi e altrettanti in corso.

Dieci anni sembrano tanti ma di certo non sufficienti per liberarsi di 656.000 tonnellate di macerie. Impalcature e monumenti crollati non sono spariti. I segni, passeggiando a Finale Emilia o Mirandola, sono ancora lì, davanti agli occhi, come monito e testamento.

"C’è ancora tanto lavoro da fare" ribadisce a più riprese Alberto Calciolari, sindaco di Medolla e presidente dell’Unione Area Nord che oggi sarà in prima fila per accogliere il Presidente.

"La visita di Mattarella è un riconoscimento a quanto è stato fatto in questi anni grazie alla rete della solidarietà, ai volontari, agli imprenditori che hanno creduto nella ricostruzione, ai Comuni, Regione e Stato. Ma è anche l’occasione per ricordare che il lavoro non è completato". Lo ricorda alla macchina burocratica ma, soprattutto, all’opinione pubblica. "Ho avuto la percezione – spiega Calciolari – che il nostro fosse talvolta un terremoto dimenticato rispetto ad altre tragedie ricorrenti a livello nazionale come L’Aquila e il Fruili. Non dobbiamo dimenticare che ha colpito invece un distretto industriale fondamentale, in particolare il comparto biomedicale. La visita di Mattarella è una tappa importante di un percorso di ricostruzione che non è terminato, è in fieri soprattutto per i centri storici. Abbiamo lavorato bene, credo, ma abbiamo ancora bisogno che l’opinione pubblica ci accompagni". E che lo Stato prenda per mano queste terre, fatte non solo di nebbia ma, soprattutto, di buona volontà, spalle larghe e determinazione.

Mattarella, questa mattina, farà luce in quella nebbia e riporterà televisioni e media italiani a Medolla, tra i comuni più colpiti il 20 maggio. Comune, formalmente, anche ’capoluogo’ dell’Unione e unico tra i paesi vicini ad avere un teatro nuovamente agibile. "E’ una gradissima soddisfazione e un onore ospitare Mattarella" dice Calciolari a nome di tutti i colleghi sindaci.

Per Mattarella, oggi, ci sarà un pubblico seduto e ordinato nelle 800 sedie previste nella piazza del teatro, due maxi schermi e un ’corridoio’ pedonale delimitato dai bambini delle scuole elementari e medie del paese. Diverso, invece, il cerimoniale all’interno del teatro dove Mattarella parlerà a un centinaio tra sindaci, ex sindaci del cratere (province di Modena, Reggio Emilia e Bologna) e parlamentari. Dovrà, nuovamente, dare una ’spinta’ alla ricostruzione, laddove si scontra con polemiche e ostacoli, e portare la vicinanza e il conforto delle istituzioni.

Conforto a chi piange ancora – e sempre – i 28 morti; "l’unica cosa che non potremo mai riparare – dice Calciolari –. E’ necessario dunque tributare un giusto ricordo". Per loro, gli innocenti rimasti uccisi nei crolli, c’è un monumento proprio accanto al teatro dove è probabile una sosta del Presidente della Repubblica. Già 5 anni fa Mattarella incontrò i parenti delle vittime. "I nostri figli gridano giustizia. Presidente, faccia riaprire il processo" chiese Anna De Prisco a nome di altre mamme, ricordando il suo Giordano morto sotto l’azienda Haemotronic, proprio a Medolla. Molte famiglie ancora aspettano quella giustizia, la famiglia De Prisco l’ha avuta in parte in questi giorni (si è concluso finalmente il processo con i risarcimenti in sede civile) e l’abbraccio simbolico di Mattarella sarà anche e soprattutto per loro. Per i giovani a cui è stato strappato un futuro e per quelli che se lo costruiscono con le proprie mani. Come gli 80 bambini della banda Rulli Frulli. "Suoneremo l’inno d’Italia con i nostri strumenti fatti con materiali di recupero" spiega l’ideatore Federico Alberghini. I Rulli Frulli sono nati nel 2010 ma dopo il sisma hanno suonato più forte e più lontano, contro la paura. Hanno girato l’Italia portando ovunque il loro progetto di inclusione.

Nella Stazione dei Rulli Frulli di Finale Emilia, che oggi sarà inaugurata da Mattarella nella sua seconda tappa, trovano spazio una sala prove, una radio, uno studio di registrazione, un bar sociale e l’Astronave lab, laboratorio lavorativo per ragazzi con disabilità. "E’ un segnale importante la presenza di Mattarella e una grande soddisfazione". Che andrà negli archivi insieme all’incontro col Papa, 5 anni fa, quando lo accolsero a S.Giacomo Roncole e gli regalarono una maglietta. Scatti incancellabili. In quella occasione, inizio aprile 2017, precedendo la visita di Mattarella, Papa Francesco celebrò messa in piazza Martiri, a Carpi, e incontrò i terremotati a Mirandola. Mentre nel 2012, subito dopo le scosse, la Bassa ospitò un’altra doppia visita. Il 26 giugno Papa Benedetto XVI portò la sua carezza ai terremotati sostando in preghiera, a Rovereto di Novi, davanti alla chiesa dove morì Don Ivan Martini. "Restate fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale" disse ai 2mila fedeli.

La Chiesa e lo Stato. Qualche settimana prima, il 7 di giugno, fu l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a infondere coraggio e speranza.

Nel suo tour – partito a Bologna con i sindaci, poi a Mirandola fra i terremotati e infine a Crevalcore (Bologna) e Sant’Agostino (Ferrara) –, arrivò non con promesse, ma con fatti: un decreto firmato la sera prima sullo Stato di Emergenza con stanziamento di fondi e tasse sospese.

Lo Stato fece la sua parte, i cittadini – fu chiaro fin da subito – avrebbero dovuto fare la loro.

"Vi rialzerete voi con le vostre fabbriche e la vostra coesione che deve unire questa comunità. Ci vuole spirito di sacrificio — disse Napolitano —, sangue freddo, pazienza e soprattutto capacità di durata, perché ci vorrà del tempo". Allora fece l’esempio del Fruili: "Ho visto Gemona — le parole del Presidente 10 anni fa —, è un grande esempio per voi". Ora, possiamo dirlo senza rischio di smentite, l’esempio siamo Noi.