
di Generoso Verrusio
Stelvio, Pordoi, Gavia, Mortirolo e Zoncolan: per altimetrie, pendenze e lunghezze, questi iconici passi alpini non saranno insidiati mai dalle montagne consacrate al dio Pen. Almeno in termini di risonanza mediatica, le salite capaci di fare la storia rimarranno appannaggio delle Alpi. Eppure, dopo l’ultimo passaggio Roncatello-Piandelagotti-Passo delle Radici, per stare alle ’curve di livello’ modenesi del Giro 2023, c’è chi pregusta un rinnovato slancio di passione da parte dei cultori delle due ruote. La tappa numero dieci Scandiano-Viareggio dello scorso 16 maggio (e il numero 10, come vedremo, ricorrerà di frequente quando si associa il Giro al nostro Appennino) non è forse da mirabilia della Corsa Rosa, ma è certo che, almeno a livello di cultura popolare e di immaginario collettivo, ha scavato in profondità, riattizzando frotte di appassionati sulle rotte appenniniche in vista della stagione estiva.
Nonostante pioggia e freddo, a Piandelagotti e a Passo delle Radici c’erano centinaia di persone a incitare. Qualcuno perfino in camper (come solo nei tapponi alpini di norma succede). "Il ciclismo è un amuleto contro la rassegnazione delle nostre vallate", ci raccontano un po’ tutti quelli che abbiamo interpellato per fare una ricognizione delle volte che l’Appennino modenese è entrato in contatto con gli assi del pedale. "È uno sport di fatica che si avvicina come nessun altro allo spirito montanaro: forza, resistenza, voglia di scollinare".
La liaison tra Sestola e Giro d’Italia, ad esempio, è di vecchia data. Come riporta sul suo portale il Museo digitale diffuso del ciclismo, negli ultimi 50 anni si parla di quattro arrivi (1971, 2014, 2016 e 2021) e di un passaggio volante (2007) per i professionisti. "Nel 1971, nella decima tappa Forte dei Marmi-Sestola di 123 chilometri, l’ascesa termina a Pian del Falco, con una pendenza media del 9%", ricorda Enzo Varini, presidente provinciale della Federazione ciclistica italiana, nonché membro dell’Unione sportiva formiginese e grande conoscitore di gesta ciclistiche. "José Manuel Fuente vincerà quella frazione e alla fine si laureerà miglior scalatore di quella edizione".
"Questa salita, nel tratto della strada vecchia da piazza Passerini a Pian del Falco, è un percorso che consiglio. A occhio e croce parliamo di 3 chilometri, ma le pendenze, se affrontate senza un minimo di gamba, possono essere davvero impegnative". Nel 2024 proprio qui dovrebbe arrivare una cronoscalata per giovani e amatori. Varini insieme all’amministrazione comunale ci sta lavorando. "È uno posto magnifico che vorremmo riportare in auge". Per rivedere Sestola sulle altimetrie del Giro occorre attendere il 2007, con l’ottava tappa Barberino del Mugello-Fiorano, 200 chilometri. Nel 2014 la comunità ai piedi del Cimone è protagonista con l’arrivo di tappa numero nove, partenza da Lugo, 172 chilometri di percorrenza: il gruppo dei ciclisti stavolta deve affrontare le dure rampe di Passo del Lupo, con l’arrivo a quota 1.538 metri. Nel 2016, torna ancora il numero 10 associato a una tappa appenninica, con la decima frazione di gara Campi Bisenzio-Sestola. Sui 219 chilometri dice la sua al traguardo l’emergente Giulio Ciccone. L’11 maggio 2021, infine, è la volta della quarta tappa Piacenza-Sestola: 187 chilometri durissimi con salite e meteo proibitivi. Da Ponte Dolo a Sestola passando per Lama Mocogno, Montecreto, Roncoscaglia, Poggioraso e Fanano è tutta una battaglia: a uscire vittorioso è l’americano Joseph Dombrowski.
"Sestola e Fanano sono località battute dai cicloamatori", rimarca Varini. "Diciamo che tutta la valle del Panaro non ha problemi di visibilità. A coronamento del successo del passaggio di tappa dello scorso 16 maggio mi sento di raccomandare a turisti e ciclisti dilettanti tutte le strade che percorrono i versanti dell’appennino modenese occidentale. Da Montefiorino a Frassinoro fino a passo delle Radici c’è un territorio meritevole di essere scoperto. Parliamo di zone verdi e lussureggianti, piene di sorgenti e poco trafficate. Anche gli aspetti storici e culturali non sono da meno: dalla Repubblica partigiana di Montefiorino alle piccole comunità e alle economie di montagna c’è tanto da scoprire. Rovolo, Cargedolo e Roncatello, per citare alla rinfusa alcuni nomi, possono diventare luoghi dell’anima".
Per i meno allenati, il punto di ritrovo ideale può essere la piazza principale di Piandelagotti, di fronte all’albergo Alpino di Ferdinando Lunardi, colui che insieme a Ferruccio Cosci riscoprì la storia bellissima di Nello Trogi. "Dal centro del paese dove nacque questo campione degli anni Trenta poco conosciuto si può proseguire con una salita in quota di media difficoltà e di fatto già in quota", conclude la sua disamina Varini. "Arrivati all’Imbrancamento si può decidere se andare verso Pievepelago, a sinistra, o se proseguire verso destra con l’ascesa verso il passo delle Radici. Alle Radici i più volenterosi possono optare per uno strappetto che porta a San Pellegrino in Alpe immerso tra faggi e castagni: nulla a che vedere con il percorso che al paese dei santi Bianco e Pellegrino parte da Castelnuovo in Garfagnana, ma è comunque un’impresa da tentare. Dal San Pellegrino il Giro d’Italia è transitato ben tre volte, ma quella che si ricorda di più per tasso di adrenalina è la tappa del 2000 con il Gpm conquistato da un immenso Francesco Casagrande… altri tempi e altre storie di sudore, fatica e caparbietà".