Rigenerazione urbana, come la bella Cecilia?

La transizione energetica di Bologna va realizzata in fretta

Servono azioni rapide e fatti concreti

Servono azioni rapide e fatti concreti

Bologna nei decenni sogni ne ha sognati tanti. I cassetti dei bolognesi ne son pieni, come son pieni di progetti i cassetti dei Palazzi comunali o provinciali (oggi metropolitani); progetti progettati, calcolati, discussi, pagati… e accantonati come tante speranze per una città moderna, più competitiva e attraente, davvero inclusiva. Una città da abitare. Abitare a Bologna è un problema. Non da oggi ma oggi è diventato un sogno, un altro. Di Amministrazione in Amministrazione, le politiche urbanistiche e abitative fino al PUG 2021 compreso, hanno mantenuto nei lustri un’impronta pauperistica, rinunciataria, vincolistica. Sulla forza centrifuga della (non) pianificazione edilizia, ci si è spinti alla conquista urbanizzata delle periferie e della provincia. Inevitabili le conseguenze: cementificazione diffusa, consumo di fertile suolo agricolo (con buona pace degli Agricoli; chi ricorda il set aside?) e con soddisfazione dei cassieri (e non solo) comunali quando “monetizzavano” le urbanizzazioni. Si aggiungano le catramate strade nuove, le emissioni da traffico, le infrastrutture insufficienti e tardive ma diffuse. Paradossi della storia politico-amministrativa contemporanea. All’imporsi dei cambiamenti climatici – anche antropici – e delle pressioni ecologiste, si è però scoperto che l’urbanizzazione sparpagliata non era più politically correct e sostenibile. La parola d’ordine in Regione e a Bologna, prima che in Europa, è diventata “0 consumo suolo”. Si è legiferato, pattuito, normato di conseguenza. Premesso che “Consumo suolo 0” va applicato con judicio in corretto rapporto tra ambiente naturale e costruito, senza accanimenti fondamentalisti, la sostenibilità o è retta dalle tre gambe dell’ambientale, dell’economico (spesso dimenticato), del sociale per essere praticabile e non creare nuove povertà e disparità, o non è sostenibile. Sarebbe altro paradosso! Confidiamo che le forze politiche tutte e quelle di governo in particolare adoperino i criteri della ragionevolezza e della pragmaticità, rifuggendo approcci ideologici. Se cementificare oltre non si vuole, ma si intende aiutare chi cerca casa e dare risposte alla emergenza abitativa in città, occorre creare le condizioni che mancano – economiche, finanziarie, regolamentari, amministrative, burocratiche, agevolative - affinché belle parole come riqualificazione e transizione energetica/ecologica siano effettivamente praticabili e praticate, tradotte in azioni, interventi, cantieri. E occorre farlo in fretta, in tempi anch’essi sostenibili. Il bisogno non aspetta! Serve una forte accelerazione e con essa una mentalità collaborativa per cui pubblico - che regolamenta e pianifica - e privato - che realizza e opera per il Bene comune - dialoghino sullo stesso piano. La recente ricerca di Nomisma per Confcooperative, tra le tante cose rilevate, ha rivelato che mentre i prezzi di case e affitti corrono (+21% e +66% dal 2015) le decisioni e i cantieri per la rigenerazione delle aree dismesse a Bologna vanno a passo di lumaca. È vero che alcuni interventi diffusi di riqualificazione urbana sono stati realizzati restituendo alla città spazi con servizi sociali, ricreativi o culturali, in gran parte gestiti da cooperative. È altrettanto vero che rigenerazione deve andare a braccetto anche con casa e interventi per l’abitare, sociale e non. L’emergenza lo impone! Occorre aumentare l’offerta abitativa accessibile a diverse fasce di reddito, le più deboli e medie. Per non perdersi per strada e cogliere la sfida della rigenerazione urbana, vanno affrontati (e risolti) due ostacoli: costi; strumenti/regole urbanistiche d’ingaggio. I costi, in assenza oggi di un Piano Casa nazionale (ci vorrebbe!), vanno ridotti col necessario intervento pubblico. Senza incentivi premiali o conferimenti, senza abbattimento di oneri aggiuntivi o per le urbanizzazioni mancanti non c’è equilibrio economico-finanziario per gli operatori privati. A meno che non intervengano, in affiancamento e a supporto, “capitali pazienti” a lento rientro, non speculativi. Secondariamente, il corredo degli strumenti urbanistici e le regole edificatorie sono il presupposto per favorire o scoraggiare investimenti immobiliari che prendano anche la strada dell’ERS. A Bologna va rivisto l’equilibrio tra edilizia libera e convenzionata per rendere sostenibili gli interventi residenziali. Va riconosciuto al sindaco Lepore e all’attuale assessore all’Urbanistica Laudani di aver compreso che i vigenti PUG e RE, che hanno meno di 2 anni, sono prescrittivi, impeditivi, superati dai fatti. L’inedito, costruttivo, dialogo finalmente aperto dall’Amministrazione Comunale in un Tavolo tecnico con le Associazioni d’imprese e professionali per favorire interventi di edilizia residenziale ha portato al risultato di avviare il processo di variante al PUG recentemente deliberato dalla Giunta. Sul metodo ci siamo. Ora ci vogliono tempi rapidi! Con l’assessore sono concordati anche innovativi meccanismi premiali per attuatori di Edilizia Residenziale onde promuovere quella Sociale. Alla prova dei fatti sapremo se daremo finalmente forma a progetti rigenerativi e residenziali per la “Grande Bologna” o dovremo continuare a sognare, concludendo che la bella Cecilia - della Rigenerazione e della Transizione - tutti la vogliono (e ne parlano) nessuno la piglia.