Berrettini, per blasone, è la star tra i convocati di Filippo Volandri. La cifra del successo dell’Italtennis, però la danno probabilmente ancor di più Matteo Arnaldi e Flavio Cobolli, gregari di quelli che, senza troppa modestia, le rivali possono solo invidiare all’Italia. Sintomo della salute del movimento e di un ricambio che – se non si riesce a mantenere un certo livello – può arrivare velocemente. Spingersi a vicenda, con una sana competizione interna, significa anche questo, e oramai da mesi Arnaldi e Cobolli ne sono una prova lampante. Simbolicamente, è iniziato forse tutto in quella serata ad Acapulco, in cui – in contemporanea – uno si imponeva su Taylor Fritz e l’altro su Felix Auger-Aliassime. E anche se ognuno ha poi preso la propria strada, da un po’ di tempo, tra i due c’è un vero e proprio testa a testa in classifica. Il 12 agosto, dopo il Masters 1000 del Canada, entrambi hanno raggiunto il proprio best ranking, con Arnaldi alla 29esima piazza e Cobolli alla 31esima. Oggi, invece, il romano è passato di nuovo avanti, assestandosi al n. 32, col compagno che lo segue a ruota. Persino la parabola in Coppa Davis, con le assenze di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, è sulla carta piuttosto simile. Arnaldi, classe 2001, ha esordito lo scorso anno, prendendosi prima la scena nei gironi, e poi vincendo il primo singolare contro l’Australia. Quest’anno, invece, potrebbe essere il momento dell’esordio per Cobolli che è esattamente un anno più piccolo. Ma se Volandri ha puntato su di lui, c’è da scommettere che abbia tutte le carte in tavola per giocarsi le sue carte in tutti gli eventuali match di questa settimana. Come accaduto dodici mesi fa, sarà importante l’alchimia dell’intero gruppo, attenuando anche l’eventuale (e comprensibile) ansia da prestazione dell’esordiente di turno. In ogni caso, durante tutta la stagione, Cobolli ha dimostrato che l’etichetta di esordiente, in tutte le tappe più importanti del circuito, gli sta già stretta. Con un furore agonistico che, per intenderci, ha piegato al primo turno dell’Australian Open (giocato passando anche per le qualificazioni) il cileno Nicolas Jarry, testa di serie n. 18. Potenza e intensità negli scambi sono solo superficialmente le sue migliori qualità. Perché il pregio più grande del ventiduenne azzurro è la capacità di imparare rapidamente, di incamerare ogni tipo di situazione che gli si pari avanti, trovando di volta in volta le soluzioni più adatte. Non a caso, col progredire della stagione, anche la consapevolezza nei suoi mezzi è cresciuta, così come la casella delle vittorie contro i Top-20 (oggi sono cinque). E pazienza se non è riuscito a qualificarsi per i Giochi Olimpici, complice la grande competitività dei colleghi. Lui ha sfruttato proprio quella settimana per raggiungere il suo miglior risultato, la finale dell’ATP 500 di Washington. Arnaldi, invece, iniziava la stagione con prospettive diverse, e con una maturità tennistica più evidente, nonostante qualche difficoltà. In fin dei conti, a separarlo da un salto in Top-20 è solo un pizzico di costanza in più. Perché già in Davis, lo scorso anno, non ha tradito. E nelle grandi occasioni ha fatto lo stesso in questo 2024, regalandosi la prima semifinale in un Masters 1000, proprio in Canada. La fotografia della sua stagione, tuttavia, viene dal Roland Garros (a ribadire anche una certa poliedricità), e più precisamente dal match di terzo turno. Contro Andrey Rublev, infatti, il sanremese ha giocato la partita più dominante della propria carriera, schiantando l’allora n. 6 al mondo per 7-6(6) 6-2 6-4. Con lui, insomma, non si scherza davvero più.
SportEcco Arnaldi e Cobolli: la grande carica Davis