
Il direttore tecnico Codazzi: "Ci stiamo lavorando, così come pensiamo alla Supercoppa tra la vincente reggiana e quella modenese" .
Nell’anno in cui spegne 80 candeline, il Centro Sportivo Italiano ha organizzato come sempre il Torneo della Montagna. Il direttore tecnico è Giovanni Codazzi, che ci dice la sua sulla magia di questa competizione.
Come mai dopo 73 anni è ancora così trainante?
"La premessa è che lo sport è un enorme collante. Smuove gli animi sia nel bene che a volte nel male. A maggior ragione il calcio in Italia. Detto ciò, è fondamentale la passione delle persone: sono state brave quelle che non ci sono più a tramandare i valori, e sono bravi i dirigenti di oggi nel trasmetterli ai ragazzi".
Una grande tradizione, quindi. "Certo, solo le cose positive vengono trasmesse, quelle negative si tende ad accantonarle. Solo una ogni anno vince, ma se il Montagna va avanti da 73 anni significa che l’emozione del farlo supera qualsiasi delusione".
Sempre meno gente vive in montagna: si riflette sul torneo?
"Inevitabile. Bisogna far fronte ai cambiamenti demografici, parliamo di un torneo che verte all’80% su giocatori residenti, per questo ogni tanto ritocchiamo il regolamento".
E sul seguito cosa ne pensa?
"L’interesse c’è, e bisogna accettare i cambiamenti delle abitudini. Le società giocano un ruolo essenziale, mi spiego: noi come Csi siamo disponibili in merito ai cambi che ci chiedono sul quando giocare le partite. Siamo in un mondo in cui ad alto livello si gioca ogni giorno, una volta la domenica pomeriggio era sacra. Quindi ben vengano anticipi o posticipi per rendere il tutto più fruibile".
La pandemia del 2020 rischiava di dare una bella mazzata.
"Poteva essere la pietra tombale o una molla in più. È girata bene, non è stato semplice e noi ci siamo stati sotto, con le società che hanno risposto alla grande. Le finali degli ultimi anni hanno fatto ottimi numeri. Evidentemente la gente dopo lo stop per il Covid si è resa conto che il torneo mancava".
C’è una regola che vorrebbe proporre un giorno?
"Sarebbe il top avere un numero di squadre ‘regolare’, tipo 16. Sa che bella formula lineare... (sorride, ndr). Si può discutere di mille cose: limitare le categorie, obbligo di giovani, ma sono parole per ora. Però una cosa mi piacerebbe farla".
Prego.
"Considerando tutti gli eventi e le categorie mancherebbe solo un qualcosa al femminile. Sarebbe bello anche un torneo breve, con semifinali prima della finale Juniores e finale prima di quella dei Giovanissimi. Ci abbiamo provato e ci proveremo".
Altri spunti?
"Chissà che un giorno non si faccia la finale di Supercoppa del Montagna: la vincitrice reggiana contro quella modenese, magari al ‘Mirabello’…".
Si toglierà l’obbligo di dover iscrivere Dilettanti e Giovanissimi per forza assieme?
"Mai dire mai, ma penso sia un binomio fondamentale. La continuità è vitale: i ragazzini di oggi sono i grandi del domani".
Qual è il suo primo ricordo del torneo?
"Vengo più che altro dal basket. I primi ricordi legati al Montagna risalgono a quando sono entrato nel Csi; non dimentico le discussioni che sentivo in sede sulle deroghe... Poi la prima finale: era il 2008. Dopo 20 anni posso dire di aver capito quanta passione ci sia".