Tengono la redditività e l’occupazione

La riduzione dei consumi provocata dalla pandemia ha avuto ripercussioni sui ricavi. Il 19% delle imprese ha chiuso in perdita

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di Elisa Pasqui

e Filippo Lo Piccolo

Le aziende che compongono il settore agroalimentare sono 57 e registrano nel 2020 un fatturato complessivo che supera quasi i 9,6 miliardi di euro. Le prime 10 società del campione generano circa il 78% del fatturato complessivo: di queste, 8 sono organizzate in forma cooperativa e fatturano oltre il 70% del campione, a dimostrazione di una particolare e consolidata relazione tra questa forma giuridica e il settore in commento. Il 2020 è stato fortemente caratterizzato dalla pandemia da Covid-19 e dalle conseguenti misure restrittive adottate per limitare il virus. Nonostante il fatto che questo settore sia stato uno dei pochi a non subirle direttamente, le restrizioni hanno portato ad una riduzione dei consumi, che si ripercuote primariamente nei ricavi aggregati di settore che hanno registrato un decremento del 5,8% rispetto al periodo precedente. Il 54% delle imprese del campione ha infatti visto una diminuzione del proprio fatturato, il 19% chiude in perdita, mentre un terzo ha subìto un’erosione dell’utile. Mentre negli anni precedenti si assisteva sempre ad un incremento – seppur minimo – dei ricavi aggregati, che però non generava spesso una significativa soddisfazione in termini di redditività, nel 2020 osserviamo come nonostante la contrazione dei consumi derivante dalle restrizioni causate dalla pandemia abbia invertito il trend di crescita, il settore agroalimentare ha nel suo complesso contenuto gli effetti negativi sulle marginalità. Ciò trova conferma nell’analisi dei principali indici di redditività, Roe, Ros e Roi: infatti la redditività dei soci (Roe) diminuisce solo di mezzo punto percentuale, passando da 6,05% a 5,52% (valore mediano), la redditività degli investimenti (Roi) da 2,18% a 1,91%, mentre il Ros, ovvero quanta parte di fatturato di esercizio si è trasformata in reddito operativo, si riduce di appena lo 0,1%. Inoltre, il settore è sempre ben patrimonializzato, considerato che il dato aggregato dei patrimoni netti supera i 2,2 miliardi di euro ed il rapporto di indebitamento migliora, passando da 2,38 del 2019 a 2,15 del 2020 (valori mediani).

Le imprese agroalimentari delle Top 500 Bologna occupano, nel 2020, più di 25.500 addetti, con un decremento pari a circa l’8% rispetto al 2019. Questo dato è in controtendenza rispetto a quelli dei periodi precedenti e va letto certamente in concomitanza con la crisi scaturita dalla pandemia. Va rilevato, tuttavia, che solo il 35% circa delle imprese del campione ha registrato un decremento del proprio organico, pertanto, nonostante il dato aggregato dimostri un calo in termini assoluti, si può dire che l’ampia maggioranza delle imprese del campione ha confermato i buoni livelli occupazionali del passato. In conclusione, nonostante la pandemia, i dati confermano l’agroalimentare quale settore resiliente e meno influenzato dagli shock macroeconomici: la redditività mediamente tiene, così come i livelli occupazionali. Infine, il settore si conferma solido in termini di patrimonializzazione e di rischio finanziario.