"Il biologico è la nostra garanzia di qualità Ora puntiamo a conquistare l’estero"

Santini, presidente de La Cesenate: "Attualmente l’export è il 25% del fatturato, ma vogliamo aumentarne l’impatto sul bilancio"

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di Maddalena De Franchis

Da oltre settant’anni producono confetture, passate di pomodoro e puree di frutta, nel rigoroso rispetto dell’ambiente e del ritmo naturale delle stagioni: "Eravamo biologici ben prima che le certificazioni bio fossero introdotte e riconosciute", sottolinea Arturo Santini (foto, al centro), presidente de La Cesenate conserve alimentari Spa, storica eccellenza del territorio con sede in via Cervese, a Cesena.

Presidente Santini, suo nonno Luigi Rossi ha fondato l’azienda nel 1949, come frutto dell’incontro fra una famiglia di farmacisti e l’altra di proprietari terrieri. Qual è la sua eredità, oggi?

"Fin dagli albori, in azienda sono presenti due importanti valori: attenzione alla salute e attenzione all’ambiente. È la ragione per cui La Cesenate, in tutti questi anni, non è mai venuta meno alla sua vocazione per l’agricoltura pulita, al punto da diventare uno dei principali produttori biologici in Italia".

Qual è il valore aggiunto dell’agricoltura biologica rispetto al metodo convenzionale?

"Il biologico è una certificazione finalizzata a garantire che gli alimenti sono prodotti con sostanze e processi naturali, seguendo un metodo a impatto ambientale limitato. Fin dalla mia laurea in Agraria, nel 1988, sono sempre stato convinto che l’agricoltura italiana dovesse puntare sul biologico. I fatti mi hanno dato ragione. Allo stesso modo, nel nostro gruppo anche la produzione convenzionale ha una qualità e una genuinità riconosciute, poiché proviene da coltivazioni in regime controllato e sostenibile".

Dal 2004 siete soci di maggioranza di Alce Nero, marchio leader nella commercializzazione del biologico in Italia. Quali sono i prossimi obiettivi della partnership?

"Rafforzare la nostra presenza all’estero: stiamo esplorando nuovi mercati, sui quali concentreremo energie e investimenti nei mesi a venire".

Qual è l’impatto della siccità dello scorso inverno sui terreni che coltivate (600 ettari di proprietà, più altri 420 da società agricole partner)?

"La nostra priorità è continuare a coltivare prodotti ortofrutticoli di qualità superiore, nonostante le tante criticità climatiche che si stanno manifestando negli ultimi anni. Ora ci preoccupano la secca del fiume Po e la conseguente aridità dei terreni della Pianura Padana, su cui coltiviamo soprattutto pomodori. Siamo reduci, peraltro, da un’annata assai pesante per le colture di frutta, gravemente danneggiate dalle gelate tardive della primavera 2021".

Oltre agli eventi atmosferici estremi, l’intero settore agroalimentare versa in gravi difficoltà a causa del caro carburanti e dei prezzi boom di fertilizzanti e materie prime. C’è una via d’uscita?

"L’unica soluzione può essere un intervento del pubblico, sia per calmierare i prezzi, sia per limitare la nostra dipendenza energetica dall’estero. Nel lungo periodo occorre puntare realmente sulle fonti di energia rinnovabile, come il fotovoltaico, il geotermico o l’idrogeno verde: quella della transizione energetica è una sfida in cui il nostro Paese può fare davvero la differenza".

Quali sono, invece, i vostri programmi a lungo termine come gruppo aziendale?

"Nel nostro fatturato – attualmente pari a 118 milioni di euro – intendiamo accrescere la percentuale rappresentata dalle vendite all’estero, che ora pesano per il 25%. Se consideriamo che il canale della ristorazione, per il quale produciamo polpe, passate e salse per pizza, sta dando ora i primi segnali di ripresa (dopo circa due anni di stop dovuto alla pandemia), le prospettive sono assai incoraggianti. Ci aspettiamo il superamento dei livelli pre-pandemia già nel primo semestre del 2022".