Il personale che manca "Basta speculazioni"

Danilo Misirocchi, presidente di Cia Romagna: "Bene i flussi in anticipo. Ma i numeri non sono sufficienti. C’è chi rinuncia a investire per questo".

Il personale che manca  "Basta speculazioni"

Il personale che manca "Basta speculazioni"

di Patrick Colgan

"La provincia di Ravenna risente di problemi comuni a tutto il Paese: i costi energetici, l’inflazione, i danni da fauna selvatica e la siccità. Poi ci sono temi più specifici, in particolare la difficoltà che affronta il settore ortofrutta". Danilo Misirocchi, faentino, è il presidente di Cia Romagna e non nasconde la preoccupazione per una delle coltivazioni identitarie del Ravennate, la frutticoltura.

Presidente, cosa succede?

"È il terzo anno su quattro in cui si verificano gravi danni dal ritorno di freddo, dalle gelate. È una crisi che sta comportando un continuo espianto di alberi, centinaia ogni volta".

Rischia di cambiare il paesaggio del Ravennate?

"Diciamo che un cambio importante c’è già stato, sarebbe opportuno che non continuasse. Perché intanto c’è un tema ambientale: l’ortofrutta si fa con gli alberi di cui conosciamo l’importanza. E poi è storia, tradizione e ha un rilievo importante su tutto l’indotto. Un aspetto importante è quello assicurativo, va garantita una copertura del rischio decente".

Un altro problema è quello della siccità.

"Secondo noi si è fatto e si sta facendo. C’è però una forte preoccupazione per i prossimi mesi. Ci sono infrastrutture importanti, invasi e soprattutto il Cer, Canale emiliano-romagnolo, che però prende l’acqua dal Po dove il livello è già basso. È positiva l’istituzione di un commissario straordinario, vedremo. Poi ci sono altri tavoli fra i quali per noi è stato molto importante il tavolo dell’emergenza idrica istituito dalla prefettura che ha permesso di gestire l’acqua mettendo assieme tutti i soggetti interessati".

Come si affronta il problema della mancanza di personale?

"È uno dei temi principali. Ci sono aziende che stanno rinunciando a investire per mancanza di personale: sia manodopera specializzata, sia per la raccolta. Parliamo soprattutto di extracomunitari che rappresentano la gran parte degli impiegati".

Non ce ne sono a sufficienza?

"Riconosciamo al governo di aver fatto il decreto flussi in maniera anticipata. Ma i numeri sono del tutto insufficienti. E poi è tutto affidato al click day che è una lotteria e dopo pochi minuti il sistema era impallato".

Quindi cosa serve?

"Serve una politica seria, bisogna smettere di speculare politicamente sugli extracomunitari. Bisogna capire chi viene in Italia per lavorare perché noi ne abbiamo bisogno e permettere di regolarizzarlo. E servono politiche di integrazione. Bisogna fare le riconversioni oltre che i flussi, attuare politiche per il ricongiungimento famigliare perché queste persone restino. Molti si spostano verso altri Paesi. Ci sarebbero tanti aspetti positivi: come il fatto che i soldi, una volta che c’è la famiglia, restano sul territorio. Uno dei problemi è anche che serve un secondo livello di accoglienza e supporto: fra l’accoglienza e l’autosufficienza c’è uno scalino difficile da superare".