"Sul gas serve una strategia a lungo termine"

Oscar Guerra è l’amministratore delegato della ravennate Rosetti Marino leader nella costruzione di piattaforme per l’estrazione

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di Lorenzo Tazzari

La Rosetti Marino è certamente una delle aziende europee più avanzate nel settore della costruzione di piattaforme per l’estrazione di gas. L’ultima ‘nata’ è Tira II: poche settimane fa è partita per il Mare del Nord, dove sancirà l’indipendenza energetica della Danimarca. Ma l’azienda ravennate, presieduta da Stefano Silvestroni e con Oscar Guerra come amministratore delegato ha allargato il merrcato alla costruzione di yacht di lusso e di componenti per i campi eolici offshore.

Oscar Guerra, dopo l’annuncio del Governo di aumentare la produzione di gas nazionale di 2,5 miliardi di metri cubi, si è mosso qualcosa in concreto?

"Purtroppo non si è mosso nulla, e credo che nulla si potrà muovere fino a quando il Governo non deciderà di attuare misure straordinarie come quelle che furono decise per le emergenze del Ponte Morandi o del Covid. Il tanto atteso Pitesai, che avrebbe dovuto stabilire le nuove regole, appare oggi uno strumento di un’altra epoca, un’epoca nella quale ci si illudeva che il prezzo del gas sarebbe rimasto sempre basso, che un conflitto tra Russia ed Ucraina non sarebbe mai scoppiato, che per contenere i cambiamenti climatici si sarebbe tranquillamente potuto aumentare le emissioni, a patto di farlo fuori dal nostro Paese. Tutte illusioni superate e che oggi presentano drammaticamente il conto".

Davanti a un consumo italiano di 70 miliardi di metri cubi annui di gas, pensare a 2,5 miliardi in più sembra poco, se poi lo dividiamo tra Sicilia e Adriatico, si tratta di cifre insignificanti. Non è così?

"Intanto io credo che in situazioni di estrema emergenza si debbano mettere in gioco tutte le variabili possibili, però è vero, 2,5 miliardi di metri cubi in più sono poca cosa, se davvero questo è tutto quello che l’Italia pensa di fare per sfruttare le proprie risorse nazionali. Quello che andrebbe capito è che la situazione geopolitica che stiamo vivendo non si risolverà rapidamente e sta portando a cambiamenti probabilmente irreversibili nella geografia dell’energia. Alla risposta all’emergenza immediata va affiancata anche una strategia di medio-lungo termine che, per l’Italia, significa riaprire le porte alla ricerca di nuovi giacimenti ed alla produzione nazionale. Gli incrementi della produzione sono praticamente tutte concentrate in Sicilia e questa sembra una beffa per il distretto del metano dell’Emilia Romagna, poiché siamo sempre stati in prima fila per combattere la scelta scellerata di puntare tutto sul gas di importazione. Ma la preoccupazione non riguarda solo noi, pensi ai settori "gasivori" come quello della ceramica di Faenza e Sassuolo, o a quello della carta della Toscana. I posti di lavoro solo in queste due regioni sono decine di migliaia e se l’Italia non troverà presto delle soluzioni di breve e medio termine, il dramma da economico diventerà sociale".

Invece le potenzialità al largo dell’Emilia Romagna e delle Marche sono notevoli, per non parlare del Veneto. Di quali quantità parliamo?

"Le riserve accertate in Italia superano i cento miliardi di metri cubi, ma si tratta di valutazioni che risalgono a quasi 15 anni fa, quando in Italia fu perforato l’ultimo pozzo esplorativo. Per capirci, le riserve potrebbero essere anche molto maggiori".

Se si decidesse di estrarle, in quanto tempo sarebbe pronta l’industria estrattiva, dopo quanto il gas sarebbe in rete? "Per i 2,5 milioni di cui si parlava prima, penso 12-18 mesi, per triplicare la produzione attuale circa due anni. Ma si deve tenere conto del fatto che si deve sbloccare la possibilità di fare "manutenzione" ai pozzi, per contenere l’effetto del declino naturale. Per aumentare la produzione in maniera sensibile e riportarla ai valori di 15 anni fa, invece, servirebbe quella strategia di medio termine di cui parlavamo poco fa con lo sblocco delle trivellazioni".

E potrebbe anche essere stoccato, per evitare di ritrovarci nelle condizioni attuali.

"Nello stoccaggio, l’Italia è già uno dei Paesi meglio organizzati al mondo. Io preferirei usare la nostra enorme potenzialità di stoccaggio per sequestrarvi la CO2 e contribuire al contenimento dei cambiamenti climatici".

Le rinnovabili, che sono certamente l’energia del futuro, scontano ancora tempi di messa in produzione molto lunghi. Come vede lei eolico, solare, marino e relativo idrogeno?

"Le rinnovabili sono certamente l’energia del futuro, ma si deve capire che questo futuro non significa "domani mattina", il processo di transizione sarà necessariamente lungo".