Tante incognite prima delle fine del tunnel

La ripresa c’è, però poteva essere maggiore se non fosse stata intralciata da inflazione, costi alle stelle e crisi Ucraina

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di Matteo Naccari

Il 2022 inevitabilmente sarà un anno pieno di incognite. La seconda metà del 2021 aveva illuso tantissimi imprenditori – che credevano di essersi messo il peggio alle spalle dopo pandemia e lockdown –, ma l’inizio del 2022 è stato un crescendo di docce gelate. Prima l’inflazione dirompente e i costi delle materie prime in aumento incontrollato, così come quelli dell’energia; poi la crisi Ucraina che ha minato il panorama di incertezze. Insomma, la via della ripresa, l’uscita definitiva dal tunnel della crisi è ancora lontana, con tanti saluti a chi sperava che l’incubo fosse solo un ricordo.

Anche in Romagna, e lo dimostrano i dati di Top 500 riferiti ai bilanci del 2020, gli ultimi disponibili, il Covid e la crisi che ha innescato hanno colpito duro. I fatturati non sono cresciuti e i margini si sono ridotti, anche se moltissime imprese hanno dimostrato sul campo la propria solidità: ottima notizia. Certo, ci sono settori, come l’alimentare, che stanno meglio di altri, come ad esempio l’abbigliamento e le calzature, ma tutto sommato il sistema Romagna ha retto l’urto dirompente del virus e adesso sta cercando di respingere gli attacchi delle nuove difficoltà. Essere imprenditori oggi non è un mestiere facile, però è anche stimolante. La trasformazione digitale, l’orientamento delle proprie attività verso la sostenibilità, il rispetto dei valori, sono tutte sfide che aiuteranno le imprese a crescere, a diventare più grandi, però in maniera diversa.

Intanto, e non va sottovalutato, dall’Europa sta arrivando una pioggia di miliardi grazie al Pnrr che ha una sigla bruttissima ma che dietro cela risorse destinate a una miriade di progetti. In Romagna, questi fondi vengono già utilizzati, come ad esempio a Ravenna dove si sta rilanciando il porto e dove l’energia, e le attività ad essa correlate, sono una nuova miniera d’oro.

La vera sfida, ora come ora, non è passare la tempesta di inflazione e crisi Ucraina, ma capire cosa ci sarà dopo e come restare sul mercato. Un obiettivo strategico che deve necessariamente riguardare anche le istituzioni, impegnate a disegnare la Romagna che verrà. Con sempre i soliti nodi sul tavolo: burocrazia tiranna, pubblica amministrazione lenta, carenza di infrastrutture e mancanza di un’armonizzazione tra i grandi motori economici della regione, dal turismo alle fiere, al sistema aeroportuale. Il bivio è adesso: o si prendono al volo tutte le opportunità e si diventa grandi in Europa oppure ci si rassegna a vivacchiare. Meglio la prima opzione: però servono impegno e lavoro.