Laurea indispensabile per lavorare Ma troppo divario tra Nord e Sud

Confronto con il diploma: il differenziale nel tasso di occupazione dei 30-34enni supera l’8 per cento. Notevole la differenza di stipendio a seconda del titolo di studio. Ancora una volta penalizzate le donne

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di Marco Principini

I benefici dell’accumulazione del capitale umano sono particolarmente evidenti per i più giovani. Il rendimento in termini di occupazione della laurea a confronto col diploma è nel nostro Paese più basso rispetto alla media europea: il differenziale nei tassi di occupazione dei 30-34enni supera nel 2020 l’8% (78,3% rispetto all’86,6%). Il premio della laurea garantisce all’interno del Paese un vantaggio importante, soprattutto per le donne (+20 punti in termini di tasso di occupazione contro +4 degli uomini) e ancora di più (24 punti) per le giovani del Mezzogiorno (59,4% e 35,7% nel 2020). È quanto si legge nel Rapporto annuale 2021 dell’Istat.

Rispetto alle coetanee laureate residenti al nord e al centro, il divario nei tassi di occupazione delle giovani 30-34enni in possesso di una laurea al sud resta molto ampio (-23,5 e -17,5 punti percentuali, rispettivamente), confermando l’esistenza di un vasto potenziale di risorse inutilizzate.

Al possesso di un titolo di studio più elevato si associano in media vantaggi significativi dal punto di vista retributivo. Un’analisi dei differenziali retributivi orari per titolo di studio delle posizioni lavorative dei dipendenti fra i 25 e i 34 anni, occupati nel settore privato extra-agricolo, indica che nel 2018 i giovani che hanno conseguito una qualifica professionale percepiscono una retribuzione mediana oraria superiore del 3,7% rispetto ai coetanei in possesso della sola licenza media.

Sempre tra i 25-34enni, chi conclude la scuola secondaria superiore e prosegue ottenendo una laurea triennale incrementa la retribuzione mediana oraria del 5,9% (+9,2% per gli uomini e +5,8% per le donne), mentre il passaggio dalla laurea triennale a quella specialistica si associa a un incremento retributivo del 14,5% (uomini +18,6%; donne +11,2%).

Attraverso l’integrazione di fonti statistiche e amministrative è stato esaminato il percorso di transizione scuola-lavoro dei giovani nati nel 1992. Nel 2019, in corrispondenza del compimento dei 27 anni, il 61,4% di questi giovani risulta occupato, il 7,1% studia e lavora e il 6,9% sta studia senza lavorare. Del 24,5% che non studia né lavora (neet), la quasi totalità (91%) ha avuto almeno un’esperienza lavorativa tra il 2012 e il 2018. Il titolo di studio influenza molto la professione svolta per i nati nel 1992. In quelle intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, che rappresentano l’8,8% del totale, è occupata un’ampia quota (38,8%) dei giovani con un titolo di studio terziario di secondo livello, mentre le professioni tecniche costituiscono il maggiore sbocco per quelli con studio terziario di primo livello (40,7%).

Dal punto di vista della mobilità territoriale per i nati nel ‘92, il percorso di chi si appresta a entrare nel mondo del lavoro in Italia sconta ancora la storica divisione territoriale fra nord e sud del Paese.