
Stefania Foti con le figlie Chiara e Melania, e due piatti proposti dal ristobistrot
Diciamolo: se fosse di stanza a Sassuolo, anziché a Vigata, il Commissario più famoso d’Italia, ovvero Salvo Montalbano, a mangiare andrebbe non ‘da Enzo a Mare’, come fa nella fiction televisiva e nei romanzi di Andrea Camilleri, ma in piazza Salvo D’Acquisto, zona nobilissima appena due passi fuori dal centro sassolese.
Qui, da fine febbraio, ha aperto il ristorante bistrot ‘Pirandello’, dando spessore alla passione per la cucina e per l’accoglienza di Stefania Foti, 41 anni, siciliana di nascita ("siracusana", la precisazione) ma da oltre vent’anni fieramente attestata nel distretto ceramico, "dove – dice – sono cresciuta, trovando una seconda casa che ha accolto me e la mia famiglia".
Il suo passato siciliano è "nella luce e nei profumi della mia terra, nella tradizione, anche culinaria, che hanno tramandato mia mamma e mia nonna", il suo presente è appunto in piazza Salvo D’Acquisto, tra fuochi accesi e ricette che Stefania declina con un tocco che regala la giusta contaminazione tra sapori e tradizioni che fanno la differenza. Così, tornando all’ipotesi, prettamente letteraria, del Montalbano ‘sassolese’, ci piace immaginarlo che ordina le ‘sarde a beccafico di nonna Maria’, ricetta tipicamente siciliana, ma si incuriosisce sia sullo ‘scrigno di Norma’, che sul ‘coniglio alla stimpirata’ e, perché no, anche sul gnocco fritto al nero di seppia, sintesi di una sperimentazione, e di una commistione, di cui Stefania ha fatto cifra distintiva.
"La buona cucina è buona ovunque: in Sicilia come qua. La sfida che ho raccolto è quella di mescolare tra di loro i sapori di due tradizioni vincenti", dice Stefania, che accanto a sè ha due figlie ("ne ho altri due, ma sono ancora piccoli") che insieme a lei danno spessore al suo sogno.
Chiara, 20 anni, in cucina, Melania, 24, in sala: il mix funziona, nel solco di una tradizione molto ‘femminile’ e di un’accoglienza che fa famiglia. Traducendo un’atmosfera non priva di suggestione anche nell’accuratezza degli ambienti, con una grande libreria di legno scuro che rimanda a quel ‘Pirandello’ da cui il locale prende il nome. "Lo ha scelto Melania, e ci è piaciuta questa idea di legare il nome di un grande siciliano alla nostra idea", dice Stefania, che ha voluto il locale fosse la cornice che serve a ‘stare bene’.
Aperto a pranzo e cena, chiuso domenica sera – con un menù fisso ‘business lunch’ a pranzo (20 euro) – il ‘Pirandello’ varia, come il nome che ne ispira il ‘saper fare’, tra più proposte.
Pasta fatta in casa, carne e soprattutto pesce, cantina iperassortita, ricca di etichette non prive di appeal, ambiente familiare ma discreto, una saletta per eventi privati (poco più di 20 coperti) e più in generale un’atmosfera che conquista, complici anche i fuori menù che Stefania non smette di sperimentare nell’ambito di una proposta che il ‘Pirandello’ ha voluto fosse "diversa, ma allo stesso tempo accogliente ed in grado di suggerire un’idea nuova di cucina".
Il gnocco al nero di seppia, ad esempio, o gli arancini con il ‘nostro’ ragù chi se li aspettava? Forse il già citato Montalbano, se gli fosse capitato di essere trasferito a Sassuolo…
E forse anche Pirandello, che vinse il Nobel per la letteratura ‘mescolando’, contaminando più generi.
Un po’ come Stefania, che nella sua cucina siculo-emiliana, sperimenta e mescola, trasformandosi in quell’autore che cercavano i ‘sei personaggi’ pirandelliani. Magari, si sarebbero fermati anche loro, in piazza Salvo D’Acquisto… Trovandolo, l’autore, tra una portata e l’altra.