Nek: "I miei primi 50 anni felici Il futuro? Magari presento Sanremo"

La confessione del cantautore di Sassuolo: "Dopo l’incidente alla mano non riesco più a suonare la chitarra"

Filippo Neviani in arte Nek compie 50 anni

Filippo Neviani in arte Nek compie 50 anni

Sassuolo (Modena), 6 gennaio 2022 - Anche gli eterni ragazzi arrivano a compiere 50 anni. Come Filippo Neviani-Nek, che taglia oggi il traguardo del mezzo secolo e per l’occasione si è regalato un libro in parte autobiografico, che uscirà tra una settimana per Harper&Collins, intitolato ’A mani nude’.

Filippo, come ci si sente al giro di una boa come questa?

"Magari quando vedrò scritto ’50 anni’ in una didascalia sotto la mia foto sul giornale mi farà effetto, ma devo dire la verità, al momento non lo sento. Sto bene perché ho sempre dentro l’entusiasmo di un ragazzino. Sono sempre stato iperattivo e molto entusiasta, nelle piccole e nelle grandi cose. E mi tengo in forma, per affrontare l’età".

Quali sport pratica?

"Crossfit, pesi, lavoro al corpo libero con il calistenico. Certo ogni tanto la ripresa dopo un allenamento è più faticosa, sento di più la stanchezza dei lunghi viaggi rispetto a dieci anni fa. Ma ci pensa mia figlia Beatrice, che ha già 11 anni, a tenermi giovane".

Filippo, sembra ieri che esordiva al teatro Carani di Sassuolo cantando John Denver: sono passati 35 anni.

"Io sono fortunato. Da una parte c’è il dna a farmi mantenere questo spirito, dall’altra sono avvantaggiato perché faccio un mestiere nel quale difficilmente si invecchia. La creatività mantiene il cervello in movimento, la mia curiosità mi ha aiutato anche durante le lunghe ore passate in ospedale. E c’è anche un po’ di vanità, curare il fisico è un linguaggio di comunicazione".

Un anno fa l’incidente con una sega circolare. Come sta la mano ora?

"E’ al 75-80%, non so dire se migliorerà ancora. Non riesco ancora a suonare la chitarra, ma posso farlo con la batteria, il basso e il pianoforte. E’ già importante che sia tutta intera: ho rischiato di perdere medio e anulare".

Dopo l’incidente lei guidò con la mano ferita dalle colline di Sassuolo all’ospedale. Come riuscì a restare così freddo?

"Non lo so. Nel libro spiego che in certe circostanze una persona tira fuori qualità che non sa di avere, nel mio caso soprattutto la pazienza. Ho scoperto virtù che non conoscevo. Mai come stavolta tra queste pagine ho permesso a Filippo di mostrarsi, con le sue forze e le sue fragilità".

Questo è il suo secondo libro.

"Credo che non sarà neanche l’ultimo. Non sono uno scrittore, non so se più avanti scriverò canzoni sul dolore di quei giorni. So che scrivere il libro è stato terapeutico, pochi giorni dopo essere uscito dall’ospedale, mentre facevo gli esercizi di riabilitazione, ho sentito il bisogno di fare ordine nei miei pensieri senza gli obblighi della metrica di una canzone".

L’incidente le ha fatto scoprire un amico in Gianni Morandi. Sa che vi somigliate molto?

"E’ vero, non solo nell’emilianità verace. Se penso che ormai sono trent’anni che faccio questo mestiere, in effetti...con Gianni ci conoscevamo già, ma non così bene: anche lui ha avuto un incidente alla mano, questo ci ha avvicinato molto. Ora ci sentiamo spesso e i primi minuti di ogni telefonata li passiamo a raccontarci i progressi dei nostri mignoli. Mi ha fatto molto piacere che abbia scritto lui la prefazione del libro. Io mi ispiro molto a lui".

Perché?

"Perché quelli come lui, o come Massimo Ranieri, sanno fare tutto in modo molto naturale. Sono multitasking, hanno dimostrato di essere poliedrici: sanno presentare, sono attori di teatro e di fiction. Non è facile essere bravo in ambiti diversi della propria professione, loro sono nella storia della creatività".

Come festeggerà?

"In casa, visti i tempi. So già che in famiglia mi faranno pesare questa data".

A 50 anni si fanno bilanci.

"Io parlerei più di un inventario, quando analizzi ciò di cui hai avuto bisogno per chiudere l’anno, ci metti anche tutto quello che non ha funzionato, le scelte anche sbagliate. Ognuno di noi ha anche progetti che non hanno funzionato, nella vita. Ma tutto serve".

Di che cosa è orgoglioso e qual è il rimpianto più grosso?

"Non sono pentito di molte cose, magari rimpiango di aver detto do no ad alcune proposte nel periodo più stressante della mia vita. L’orgoglio è per aver resistito così tanto, dopo trent’anni sono ancora qui".

Anche prima dell’incidente lei stava già provando altri ruoli, da conduttore in radio e in tv. Il Nek del futuro come sarà?

"Io sono curioso e seguo il mio istinto, credo di poter esprimere me stesso anche attraverso altri linguaggi. Ma aspetto il momento, non voglio bruciare le tappe. So che devo seguire un percorso di apprendistato e gavetta per arrivare magari un giorno a presentare il festival di Sanremo, per esempio. La radio e la tv erano idee che avevo già, ho trovato chi ha creduto in me, come Radio Due. Prendo quello che mi stimola, sono uno che si butta. L’idea di essere sul palco senza dover per forza cantare mi piace proprio".

Mai pensato di fare l’attore?

"Quella è tutta un’altra storia. Quando presento sono comunque me stesso, per fare l’attore devi imparare a diventare qualcun altro, non è un passaggio facile. Mi piacerebbe di più scrivere una colonna sonora, è una cosa che non ho mai fatto. E forse all’orizzonte potrebbe anche esserci una possibilità".