SportRoberto Mancini: chi è il profeta dell'Italia che viene dalle Marche

Roberto Mancini: chi è il profeta dell'Italia che viene dalle Marche

Gli inizi e la vita privata del ct della Nazionale, molto legato alla sua Jesi, dove ha tirato i primi calci al pallone

Roberto Mancini, ct jesino della Nazionale italiana

Roberto Mancini, ct jesino della Nazionale italiana

Jesi (Ancona), 20 giugno 2021 – “Roberto Mancini era sempre il primo a presentarsi alle sessioni di allenamento durante la settimana, era sempre il primo a iniziare la corsetta nel rettangolo di gioco, era sempre il primo a fare gol, sia in settimana sia nel week-end”. Così il mister jesino, Alfredo Zepponi, allenatore del Mancio quando era da bambino. “Roberto – ha continuato il suo mister - si mostrò sin dai primi anni dell’attività calcistica un leader indiscusso dentro e fuori dal campo, un capitano formidabile e un allenatore aggiunto sul terreno di gioco”. “Mi ricordo bene però – è stata la replica del Mancio – che ero anche il primo a dare il primo morso al panino. Prosciutto e mortadella le mie specialità”.

Roberto Mancini, ct jesino della Nazionale italiana
Roberto Mancini, ct jesino della Nazionale italiana

Quando torna nella sua Jesi il ct della Nazionale incontra i giovani talenti della Junior Jesina a lui intitolata, al Campo Boario. Lui che è nato e cresciuto, sportivamente e non, nel quartiere popolare del Prato: “Qui si sta sempre bene – ha dichiarato in una recente occasione - c’è un clima tranquillo e me ne sto volentieri comodo a casa a gustare i cappelletti di mia madre”. 

La famiglia, i primi calci e la carriera di Roberto Mancini

Nato da una famiglia umile, padre falegname e madre infermiera, il Mancio è partito dal campo sotto casa, il San Sebastiano, e ha subito attirato l’interesse di alcune grandi squadre.

È stato suo padre Aldo, falegname stimato in città a iscrivere suo figlio Roberto alla squadra di calcio «Aurora», quella della parrocchia sotto casa. E lo fece mentendo: disse che Robertino aveva 6 anni compiuti, età minima per giocare e invece ne aveva cinque.

La maglia numero 10, indossata fin da allora, la porterà addosso per 541 partite giocate in serie A, più 36 in Nazionale. Ne avrebbe potute fare molte di più con la maglia azzurra, ma anche i profeti, a volte, sbagliano. In Nazionale, comunque, è tornato da commissario tecnico mettendo in fila una serie strabiliante di risultati utili. Che hanno portato l'Italia, reduce dal flop della gestione Ventura, prima a qualificarsi a Euro 2020 e poi a guadagnarsi gli ottavi di finale della competizione continentale.

Niente male per uno che già da calciatore aveva meravigliato tutti con classe, tecnica e gol vestendo le maglie di Bologna, Sampdoria, Lazio e Leicester. Per poi confermarsi da allenatore alla guida, fra le altre, di Fiorentina, Lazio, Inter, Mancherster City e Galatasaray: in bacheca sono finite quattro Coppe Italia, due Supercoppe italiane, tre campionati italiani, un campionato inglese, una FA Cup, una FA Community Shield e una Coppa di Turchia. 

Il legame con Jesi

Piuttosto riservato come tanti jesini, lui adora la sua città e ogni volta che torna fa le sue ‘vasche’ (passeggiate) lungo il corso con l’immancabile aperitivo con gli amici in piazza della Repubblica. Non è raro, impegni internazionali permettendo, neppure vederlo pedalare in bici sulle colline della Vallesina. Grazie, specie all’inizio, al padre Aldo, ex atleta e dirigente dell’associazione sportiva jesina Aurora.

La vita privata: la moglie e il primo matrimonio

Un divorzio sei anni fa, dopo 25 di matrimonio con la moglie napoletana Federica Morelli da cui ha avuto tre figli, vissuto senza troppi clamori. E due anni dopo il divorzio, il ct azurro ha detto sì alla sua seconda moglie, Silvia Fortini, prima suo assistente legale, poi sua dolce metà. Ma il Mancio continua a gestire la sua vita privata con la sua proverbiale riservatezza.