MARIO TOSATTI
Cronaca

Caporalato in Veneto: denunciati due amministratori

Una maxi operazione ha portato anche alla denuncia di quattro titolari di aziende agricole

I finanzieri durante i controlli che hanno portato alla scoperta del giro di caporalato

I finanzieri durante i controlli che hanno portato alla scoperta del giro di caporalato

Rovigo, 23 giugno 2025 – Un’importante operazione contro lo sfruttamento del lavoro. Lavoratori costretti a lavorare fino a 12 ore per 6 euro all’ora. Tutto questo e altro è contenuto nel provvedimento, emesso dal GIP del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Rovigo, segue le indagini della Tenenza della Guardia di Finanza di Loreo. coordinati dal Gruppo di Rovigo e sotto la direzione della stessa Procura della Repubblica, che in un anno di indagini hanno ricostruito un sistema criminoso, incentrato sullo sfruttamento della manodopera nel settore agricolo, con base a Porto Viro (in provincia di Rovigo).

L’illusione di un posto di lavoro e lo sfruttamento

Secondo le indagini disposte dalla Procura della Repubblica di Rovigo e condotte dalla Guardia di Finanza, attraverso una società SRLS di Porto Viro formalmente esercente attività di trasporto, i due amministratori di origine marocchina (C.S. di 50 anni e C.H. di 26 anni, padre e figlio), reclutavano, dietro pagamento, dei propri connazionali approfittando del loro stato di bisogno, con una promessa di un lavoro in Italia comprensivo di ospitalità. Una volta giunti sul territorio nazionale, sono stati impiegati in condizioni di sfruttamento come braccianti sui campi di quattro aziende agricole con sede a Loreo (RO), Porto Viro (RO) e Chioggia (VE).

Ore interminabili sui campi sotto gli ordini dei ‘caporali’

Per schermare l’illecita attività di somministrazione fraudolenta di manodopera irregolare la SRLS basso polesana emetteva false fatturazioni verso le aziende agricole coinvolte. Dalle ricostruzioni investigative, in fase di indagini preliminari, i lavoratori venivano accompagnati nelle aziende agricole a bordo di furgoni fatiscenti di proprietà dei due ‘caporali’, che li scaricavano sui terreni dove prestavano la loro opera sino alla sera, anche per 12 ore consecutive e con temperature superiori ai 30 gradi. I 18 braccianti maghrebini identificati, fra i quali due lavoratori in nero ed un clandestino, lavoravano sui campi senza i previsti dispositivi di protezione, inoltre nessun risulta aver frequentato gli appositi corsi o effettuato le visite mediche previste dalla normativa di settore, a conferma della sistematica violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e antinfortunistiche poste in essere dagli indagati.

Lavorare a 6 euro

Condizioni di lavoro estreme a cui corrispondeva una retribuzione oraria di circa 6,00 euro fronte dei circa 10,50 euro dichiarati in buste paga mai consegnate ai lavoratori, ben al di sotto di quella prevista dal contratto nazionale. Al termine della giornata di lavoro, i braccianti facevano ritorno ai propri alloggi assolutamente degradanti, privi delle più elementari condizioni igienico sanitarie. Senza riscaldamento e acqua calda a causa di caldaie non funzionanti, senza docce nei bagni, senza bidet, sostituito da un secchio di plastica, con muffe diffuse sulle pareti, con i cibi e gli scarti di alimenti conservati nelle camere da letto in assenza di frigoriferi o altra idonea mobilia, dormendo su vecchi materassi appoggiati direttamente sul pavimento fra rifiuti e panni sporchi, in stanze di 15/20 mq occupate in media da quattro persone alla volta. Un lavoratore marocchino, infine, risultava alloggiato in un locale già adibito ad officina meccanica.

Fioccano le denunce

Al termine delle indagini, gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno denunciato per concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, i due amministratori di origine marocchina della SRLS di Porto Viro, nonché i titolari delle ditte che li impiegavano sui campi. Si tratta di un 55enne italiano titolare di una azienda agricola di Chioggia (VE), un secondo 55enne italiano titolare di altra azienda agricola sempre con sede in Chioggia, un 53enne italiano titolare di un’azienda agricola di Loreo (RO), un 39enne marocchino titolare di un’azienda agricola di Porto Viro (RO).

La frode fiscale

Inoltre, nei confronti della SRLS di Porto Viro i finanzieri hanno anche eseguito una verifica fiscale che ha consentito appurare come la società dei due marocchini avrebbe emesso ed utilizzato fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per oltre 260.000 euro. Un fatto finalizzato ad abbassare la propria base imponibile ed evadere le imposte. In tutto è stato ricostruito un giro di evasione, fra IRES, IRAP ed IVA, per quasi 370.000,00 euro, con la conseguente denuncia dei due amministratori marocchini e dei titolari delle aziende coinvolte per i reati di emissione o utilizzo di fatture false.

Il ‘divieto di dimora’ per i due amministratori

Sulla base degli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza, la Procura della Repubblica di Rovigo, a seguito di reiterati reati, quali intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. utilizzo e emissione di fatture false ed evasione fiscale, ha emesso nei confronti dei due ‘caporali’ marocchini la misura cautelare personale del ‘divieto di dimora’ nel territorio delle province di Rovigo e Venezia. Una misura ritenuta necessaria, in quanto sussiste il pericolo di reiterazione del reato, dalla presenza di precedenti condanne, oltre che il pericolo di inquinamento probatorio desumibile dalle condotte degli indagati. Analogamente, sempre su richiesta della Procura della Repubblica, il GIP ha disposto il sequestro preventivo diretto del profitto del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro fino alla concorrenza di circa 20.000 euro.