Elezioni, Sindi Manushi prima sindaca d’Italia di origine albanese a Pieve di Cadore

Unica candidata, ha comunque superato il quorum. Avvocata civilista, 31 anni, ha fatto “decine di lavoretti” per esercitare la professione che sognava “da bambina” e che ora intende mettere a disposizione del paese dove vive da 22 anni

Sindi Manushi, avvocata, è la prima sindaca italiana nata in Albania, anche se cresciuta a Pieve di Cadore

Sindi Manushi, avvocata, è la prima sindaca italiana nata in Albania, anche se cresciuta a Pieve di Cadore

Veneto, 16 maggio 2023 – È una avvocata 31enne, giunta nel nostro Paese 22 anni fa, Sindi Manushi, la prima sindaca d'Italia di origine albanese. Da ieri sera è alla guida del comune di Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, il paese natale del pittore rinascimentale Tiziano. La giovane era l'unica candidata, con la lista 'Pieve Futura', e ha raccolto quindi il 100% dei consensi, 1.365 voti. Anche qui l'affluenza alle urne è stata scarsa, appena il 48,31% (53,77% nelle precedenti amministrative) ma nei comuni minori basta la maggioranza semplice per l'elezione del sindaco: e lei ha ottenuto il superamento del quorum.

Avvocata civilista, arrivata in Italia con la famiglia nel maggio di 22 anni fa, dice di sé sui social: “In questi anni non mi avete mai trovata al bar a lamentarmi delle buche, dei rifiuti, del sindaco, della maggioranza, dell'opposizione. Non mi avete nemmeno vista lanciare frecciatine sui social, crocifiggere gli amministratori, strumentalizzare la situazione del paese per qualche like”.

"Metto a disposizione la mia formazione”

E ancora: "Io penso che amministrare la cosa pubblica sia un'attività sacra e, come tale, deve essere affrontata con la massima serietà e dedizione, e preferibilmente nelle sedi opportune. Non su Facebook, non al bar, ma dentro al municipio”. Da qui la decisione di candidarsi a prima cittadina, “spinta dall'urgenza di fare qualche cosa di buono per il mio paese, con umiltà e senza promesse roboanti, mettendo a disposizione la mia formazione e la mia energia da trentenne. Lo avrei fatto anche se dall'altra parte vi fossero state altre liste, nettamente più vincenti; avrei incassato la sconfitta e mi sarei seduta tra i banchi della minoranza a fare opposizione vera, combattiva e costruttiva. Dentro al municipio”.

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Per diventare avvocata “decine di lavoretti”

Sul suo lavoro afferma: “Esercito la professione che sognavo da bambina e per arrivare a farlo ho dovuto nel mezzo svolgere altre decine di lavori e lavoretti, tra i più disparati. Conosco la fatica e so anche che è l'unica via per raggiungere le cose belle, per chi come me non ha santi né padrini. Il mio paese così com'è non mi sta bene e ho quindi scelto la via più faticosa per manifestarlo: non su Facebook, non al bar, ma correndo per le comunali. Questo è tutto quanto mi sento di dire e tutto quel che c'è da dire a chi mi chiede, con malizia o per semplice curiosità, perché lo faccio. Perché ho bisogno di impegnarmi per costruire la mia Pieve Futura”.