Traffico rottami sulla Via della Seta: arresti e sequestri nel Triveneto

Il patto tra criminalità italiana e cinese scoperto dalla Guardia di Finanza. I cinque vertici del sodalizio finiscono in manette: eseguiti sequestri per 66 milioni di euro

Un'immagine dell'operazione 'Via della Seta' della GdF

Un'immagine dell'operazione 'Via della Seta' della GdF

Venezia, 16 giugno 2021 – Un 'patto' tra la criminalità italiana e quella cinese per il trasferimento occulto di 150 milioni di euro nel Paese asiatico passando attraverso società di trading ceche e slovene. È quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Pordenone, coordinata dalla Dda di Trieste, con l’operazione 'Via della Seta', conclusa oggi con cinque persone arrestate, altre 53 indagate e 66 milioni di euro sequestrati.

Arrestati i cinque capi nel Triveneto

Le indagini, partite nel 2018, hanno permesso di cristallizzare l’attività di un sodalizio criminoso transnazionale attivo nel commercio con modalità fraudolente di materiali ferrosi, rame, ottone e alluminio sull’asse Italia-Cina. In manette sono finiti i cinque uomini ritenuti al vertice del gruppo, originari del Triveneto, due dei quali con residenza in Svizzera.

Secondo l’accusa, i cinque arrestati erano coinvolti nella gestione di società filtro con sede nelle province di Venezia, Treviso e Pordenone. Indagati anche 12 imprenditori che hanno beneficiato di un giro di fatture false, e i coniugi di due degli arrestati, ai quali i pm contestano l’accusa di riciclaggio in relazione all’acquisto di alcuni immobili utilizzando i soldi provenienti dallo schema illecito.

Perquisizioni a Padova, Venezia e Verona

Schema che, hanno ricostruito i Baschi Verdi, si basava sulla creazione, in Italia, di società ad hoc con funzioni di soggetti “intermediari” nel commercio di rottami metallici, con le quali sono poi state effettuate fittizie operazioni di acquisto di materiale ferroso all'estero, giustificato da fatture per operazioni inesistenti emesse da società compiacenti con sede in Repubblica Ceca e in Slovenia.

Successivamente, l’utilizzo della documentazione fiscale e ambientale generata dalle operazioni inesistenti ha consentito ad altre aziende manifatturiere di rivendere gli scarti di lavorazione metalliche in nero. In totale, l’associazione ha frodato il Fisco per circa 300 milioni di euro. Oltre agli arresti e ai sequestri, la GdF ha eseguito 50 perquisizioni tra Padova, Verona, Venezia, Udine, Gorizia, Treviso, Belluno, Brescia e Como.