RICCARDO JANNELLO
Cronaca

Pullman schiantato a Mestre, i sospetti sul guardrail maledetto: la procura indagava da un anno

I magistrati di Venezia avevano già acquisito informazioni dettagliate sulla struttura. Dimesso il primo ferito, un tedesco. Ma ci sono problemi burocratici per il rimpatrio delle salme

Un gruppo di cittadini di Marghera sotto il cavalcavia di Mestre rendono omaggio alle 21 vittime dell’incidente del bus
Un gruppo di cittadini di Marghera sotto il cavalcavia di Mestre rendono omaggio alle 21 vittime dell’incidente del bus

Lo stato precario del cavalcavia Vempa, dal quale la sera del 3 ottobre un bus di turisti che tornavano al loro campeggio di Marghera dopo una visita a Venezia è precipitato sulla ferrovia provocando 21 morti e 15 feriti, era noto alla procura di Venezia da oltre un anno e un fascicolo "esplorativo" era stato aperto per raccogliere gli articoli scritti dalla stampa locale che segnalavano lo stato di degrado e pericolo per gli utenti dell’importante arteria; soprattutto di quel doppio guardrail interrotto e della balaustra in alcuni tratti ossidata che il torpedone ha penetrato come fosse burro, visto che secondo le testimonianze la sua velocità non era elevata.

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Nel fascicolo appare anche una dichiarazione dell’assessore ai lavori pubblici del comune di Venezia, Roberto Boraso, che chiedeva un intervento urgente sul manufatto. Dagli uffici comunali erano state acquisite le carte relative alla situazione statica del cavalcavia e ai progetti per il consolidamento e ristrutturazione, compresi quelli sul rifacimento delle protezioni laterali. Non si sa se la Procura ha fatto seguito a questa acquisizione con delle ulteriori iniziative, anche il Comune non ha notizie. Quel che è certo è che già da diversi anni l’allarme sullo stato del Vempa era suonato.

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Fra l’altro la costruzione, che risale agli anni Sessanta, era stata oggetto nel 2018 di uno studio nel quale si parlava di "situazione di degrado" che doveva essere affrontata con interventi già finanziati (furono stanziati subito 130mila euro), rimandati in parte per motivi tecnici e un po’ per il Covid. Lo studio parlava di "fessurazioni visibili dal sottostante parcheggio che affaccia su via Ca’ Marcello" con la necessità di intervenire "sia sopra sia sui piloni per la messa in sicurezza" anche se, veniva scritto in quell’occasione, "non ci sono pericoli rilevanti". Il passare del tempo e il ritardo nei lavori (nella rampa di salita, opposta a quella dell’incidente, un cantiere è stato aperto lo scorso 4 settembre) hanno portato dopo cinque anni alla tragedia. "La posa di un guardrail – dice l’assessore Boraso difendendo l’amministrazione Brugnaro – è un lavoro complesso. Purtroppo in Italia i passaggi formali sono così tanti che solo con il commissariamento si accelerano le opere pubbliche. Oggi rispondo io del lavoro dei miei uffici, che governano 1.200 chilometri di strade comunali: ma qualcun altro non ha fatto nulla per anni".

A stretto giro di posta ha replicato Gianfranco Bettin, ex vicesindaco e attuale consigliere di minoranza per i Verdi: "La responsabilità del Comune sul cavalcavia è di una delibera del 2015, ma già dopo la tragedia esponenti dell’amministrazione comunale hanno alluso alla responsabilità di altri che hanno governato prima della giunta Brugnaro. Ma allora la competenza era della Provincia".

Al di là delle dispute politiche, la gente di Mestre e i familiari delle vittime vogliono risposte sulle responsabilità. Dopo che gli investigatori hanno raccolto almeno 50 elementi di prova sul cavalcavia, si attendono i risultati dell’autopsia sul cadavere dell’autista, Alberto Rizzotto, per una ricostruzione più attendibile della dinamica. Fra l’altro dovesse essere confermato il suo malore come causa, per i familiari delle vittime potrebbero sorgere problemi sui risarcimenti: i periti delle assicurazioni sarebbero infatti pronti a far valere il "caso fortuito" che eviterebbe di pagare i danni.

Si preannuncia su questo una dura lotta in tribunale. E le famiglie, tutte straniere, anche ieri non hanno potuto trasportare i venti corpi verso casa per motivi burocratici. Si spera che tutto si sblocchi domani.