Ascoli Piceno, 5 febbraio 2014 - Il penultimo passo è compiuto. Ieri mattina Gianni Lovato, uomo di fiducia di Francesco Bellini e futuro dg dell’Ascoli Picchio 1898 (se la cordata belliniana si aggiudicherà il club), ha consegnato agli uffici della Figc di Roma la documentazione della società costituita lunedì mattina nello studio del notaio Cappelli. Un passo molto importante che precede quello, finale, della consegna della busta con l’offerta al tribunale. Lovato, infatti, a sua volta ha ricevuto dalla Federcalcio il documento che certifica la consegna del faldone: un atto fondamentale per partecipare all’asta.

La Federazione nei prossimi giorni esaminerà il materiale prima di dare il proprio ok all’acquisto del titolo sportivo da parte dei nuovi proprietari del club. Tra un paio di mesi chi con l’asta si sarà aggiudicato il ‘ramo d’azienda’ (la parte economico-amministrativa del club) potrà rilevare anche il titolo sportivo che, in sostanza, altro non è che la ‘categoria’. La quale, stando al regolamento, non deve necessariamente corrispondere a quella in cui si milita. Dunque, una società di Lega Pro fallita e recuperata ‘in corsa’ potrebbe poi essere declassata ai dilettanti, in teoria. In pratica questa ipotesi è quasi fantascienza, per due motivi: il primo è che mai in passato c’è stata tanta rigidità (hanno tutti mantenuto la categoria), il secondo è che difficilmente la Figc rinuncerebbe a una società sana e pronta a mettere subito sul piatto qualche centinaia di migliaia di euro.

Il presidente della Lega Pro Mario Macalli è particolarmente sensibile al tema: «Per l’ennesima volta mi sono trovato a prendere atto di una situazione spiacevole legata a squadre discese dalla serie B. L’Ascoli, ahimè, come in passato Triestina, Piacenza, Pisa, Messina e tante altre , è fallito dopo essere retrocesso dalla categoria superiore. Non solo, ma la massa debitoria emersa a quanto pare è di svariati milioni». «Per il momento prendo atto di questo — continua Macalli — e di conseguenza del fatto che c’è un mondo sopra di noi che non va per niente bene. Anzi, un mondo marcio: se l’Ascoli non fosse retrocesso molto probabilmente continuava a giocare nel secondo campionato professionistico nazionale senza ostacoli».

«Ecco, questa storia deve finire — sbotta il presidente della Lega Pro —. Qualche giorno fa ho sentito l’amministratore delegato del Varese dire ‘Non conosco società senza debiti’. Gli rispondo ‘Venga da me’, gliele faccio vedere io visto che ne ho tantissime. In Lega Pro, infatti, gran parte dei presidenti pagano tutto e sottolineo tutto tre giorni prima e non un’ora dopo le scadenze. Gente seria, che di mestiere non fa ‘il presidente di calcio’ ma l’imprenditore. E quando si crea un disavanzo in società lo copre immediatamente. E lotta sul campo per centrare il proprio obiettivo. Cosa devono pensare costoro davanti a un club gravemente insolvente che come per magia riparte lindo e pinto dalla stessa categoria?». «In serie A ci sono persone che il presidente di calcio lo fanno di mestiere — prosegue come un fiume in piena Macalli — e si lamentano pure, quando invece l’unico pensiero che hanno è come ripartirsi i soldi. Non parlo dei club di alta classifica ma di quelli che non hanno alcuna ambizione europea. Lì ci sono introiti enormi. Così come ci sono stati fino a qualche tempo fa in B: per dieci anni la cadetteria ha goduto di 2200 miliardi di lire. Circa 10 miliardi a società. Dove sono?».

«Non voglio certo fare ‘guerre sante’ contro l’Ascoli — conclude Macalli più pacato —, che ha una grande tradizione, una tifoseria importante e spero avrà anche una società solida. Tuttavia mi auguro che si trasformi in un esempio virtuoso e soprattutto che il suo caso sia l’ultimo. Anche se so già che ce ne saranno altri».

Gigi Mancini