Bologna, 19 aprile 2014 - 18 anni, di mattina, su un autobus, avvicinata da due loschi figuri, a quanto pare alticci, ubriachi - si legge nelle cronache. La importunano e la ragazza, per mettersi in salvo, scende dal bus. Prima domanda: chi c’era su quell’autobus? Era l’unica passeggera quella povera studentessa abbordata da due che l’hanno toccata dappertutto, palpeggiata, offesa e minacciata? O davvero viaggiava da sola, oppure c’è qualcosa che non quadra.

Fra l’altro: è vero che ‘non si deve parlare al conducente’ e che l’autista di un autobus deve prestare attenzione alla guida, ma, se nel suo veicolo, sente o vede che qualcosa non va forse si può attivare, allertando per esempio la centrale, i vigili o la polizia. Seconda domanda: una strada deserta, nei pressi di un istituto scolastico. Nessun negozio, nessuna casa, nessuno che portasse il cane a fare i bisogni. Pare strano che questa lunga aggressione abbia potuto avvenire in un deserto urbano sordo, cieco e muto.

Terza domanda: anzi, una preghiera. Non permettere a questi due figuri, grazie magari ai soliti cavilli giuridici, di uscire dal carcere. Se accadesse, che cosa andiamo a spiegare a quella ragazza, anzi a tutte le giovani donne, ragazzine e minorenni che girano per la città, che prendono l’autobus di mattina per andare a scuola o rientrano la sera? A questa ragazza, in fondo, è andata bene (si fa per dire), ma se quei tipi tornano liberi, non smetterà mai di essere una vittima impaurita. Quarta domanda: che c’entra il razzismo con l’aggressione sessuale? Che i due bruti siano africani li rende forse diversi da altri schifosissimi uomini stupratori o aspiranti tali? Ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori, circa la violenza sulle donne. E strumentalizzare questo caso, per fare battaglie contro l’immigrazione è un orrore. Questa battaglia, non si gioca uomini contro uomini. Ma solo e soltanto in difesa di tutte le donne.

Gaia Giorgetti