Bologna, 29 aprile 2014 - Slitta di due mesi la decisione sulla richiesta dei domiciliari avanzata da Annamaria Franzoni. E' infatti stata fissata una nuova udienza il 24 giugno.

La donna sta scontando 16 anni di carcere per l’omicidio del figlio Samuele. Il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha infatti disposto un nuovo rinvio, chiedendo ulteriori integrazioni e approfondimenti al professor Augusto Balloni, autore della perizia psichiatrica. 

Annamaria Franzoni era arrivata al tribunale di Sorveglianza su un’auto guidata da don Giovanni Nicolini (foto), della parrocchia dove sta svolgendo lavoro esterno al carcere (foto), ed è stata assediata da telecamere e fotografi.

Durante l’udienza “la signora Franzoni era serena, ha ascoltato ed ha preso atto di quello deciso dal suo giudice che rispetta. Aspetterà pazientemente anche questi approfondimenti. Spera di tornare a casa, e’ ovvio”: dalle parole del suo difensore, avvocato Paola Savio, trapela un atteggiamento di ottimismo sulla concessione o meno degli arresti domiciliari. “Sta bene, l’ho vista abbastanza tranquilla, e’ fiduciosa e spera; questa - ha concluso Savio - e’ la cosa piu’ importante".


I giudici hanno disposto ulteriori approfondimenti a vasto raggio sulla base di alcuni quesiti ritenuti necessari per avere un quadro più completo. Una richiesta accolta con favore dalla difesa della Franzoni.

Per il perito dei giudici, professor Augusto Balloni, la donna soffrirebbe di un disturbo di adattamento che renderebbe necessaria una psicoterapia di supporto. Nella perizia, comunque, non ci si soffermerebbe sul rischio specifico di recidiva del reato.  Annamaria Franzoni è “una persona che ha patito tanto” ha risposto Balloni uscendo dal tribunale, alla domanda su che tipo di persona ha trovato. Per redigere la perizia Balloni ha incontrato Franzoni una decina di volte in due mesi. “Se ci sarà bisogno ci incontreremo ancora”, ha detto il perito, facendo capire esplicitamente di non potersi sbilanciare sui contenuti dello studio.
A chi gli ha domandato se la pericolosità sociale che emergerebbe - riferita a Franzoni - dalla perizia e’ collegata alla reiterazione del reato, si è limitato a dire che “la pericolosità sociale è la presunzione che uno commetta azioni che sono previste come reato”. Il compito che ora il tribunale gli ha affidato, ha spiegato, è “un approfondimento di tutta la situazione esposta”. A chi gli ha chiesto della psicoterapia di supporto che avrebbe consigliato a Franzoni nella perizia, ha risposto con una battuta: “E’ sempre utile, tutti abbiamo bisogno di una psicoterapia di supporto”.

Tra gli approfondimenti chiesti c’e’ l’acquisizione di documenti dal tribunale dei Minorenni in modo da valutare la capacità genitoriale della donna. La misura chiesta da Franzoni è, infatti, una detenzione domiciliare speciale per assistere il figlio minore, undicenne. L’istanza fu ritenuta ammissibile perché presentata a giugno 2012, quando il bambino, nato a gennaio 2003 dopo la morte di Samuele, non aveva ancora 10 anni. Il figlio più grande è oggi maggiorenne.


C'e’ anche la richiesta di approfondire il rischio di recidiva, come ha confermato conclusa l’udienza, l’avv. Paola Savio, legale che assiste la donna: “C’è una richiesta di approfondimento di tutta una serie di argomenti e tra questi ovviamente c’è pericolosità, pericolo di recidiva e quant’altro”.


Il legale ha valutato positivamente la decisione dei giudici di fissare un rinvio chiedendo ulteriori accertamenti. In aula, ha detto “non c’è stata nessuna affermazione, ne’ contestazione. Ma un dibattito sulla necessita’ o meno di questi approfondimenti ed eravamo tutti concordi nel fatto che vi dovessero essere”.


Dal canto suo, la difesa della Franzoni esclude la pericolosità sociale della donna. Un concetto articolato e complesso che prova a riassumere Pietro Pietrini, il consulente di parte che ha depositato le conclusioni sulla perizia per la difesa. “Gli elementi emersi - ha osservato l’esperto al termine dell’udienza odierna - sono riconducibili ad una pericolosità residuale, cioe’ legata alla condizione che il perito chiama di ‘disadattamento’ che si e’ sviluppata nel corso degli anni di carcere. Ma non c’è una disquisizione sulla pericolosità sociale - ha continuato Pietrini - intesa come possibilità di recidiva”. In sintesi, per il consulente di parte “non c’è relazione tra la condizione di disadattamento legata al carcere e la pericolosità sociale. Il disadattamento e’ un concetto molto generale”.