Fermo, 21 agosto 2013 - TROPPO pochi sedici anni per morire, e troppo grande il dolore della famiglia Galiè di Amandola di fronte allo strazio per un figlio e un fratello che all’improvviso non c’è più. Difficile raccontare la disperazione, le lacrime, il dolore che prende forma in papà Albano, mamma Graziella e Samantha, la sorella maggiore di Riccardo. Tutti e tre sono arrivati all’alba in spiaggia, sul luogo della scomparsa, ma non hanno assistito alle ricerche, persuasi ad allontanarsi per qualche ora dagli uomini della polizia. Gli stessi che insieme ai volontari della croce Azzurra hanno riaccompagnato su quel tratto di spiaggia l’intera famiglia a piangere su quel corpo senza vita allungato sull’arenile dopo il recupero (foto) . La prima a vedere Riccardo è stata Samantha, mai abbandonata neanche un solo istante dal compagno. Le lacrime di uno strazio inaspettato e assurdo, non hanno scomposto la dignità di quegli occhi azzurri come il mare. Quel mare che ha portato con sé «quel piccolo, ma grande fratello», ha detto. «Non abitavamo più insieme e non so quando abbia deciso di venire al mare. So che sono stata avvertita mentre ero al lavoro. E ora questa tragedia. Non so dove trovare la forza per me e per i miei genitori. Penso solo ai suoi occhi azzurri, azzurri come i miei».

DISPERATI papà Albano e mamma Graziella hanno dovuto trovare il coraggio prima di avvicinarsi a quell’angolo di rispetto e discrezione creato sulla spiaggia con ombrelloni e lettini per proteggere la dignità della salma di Riccardo. «Dio mio, Dio mio, voglio vedere mio figlio. Non ho la forza ma lo voglio vedere — gridava disperato papà Albano —. Non può essere successo davvero. Non può essere possibile». Albano seduto e poi allungato sul lettino, e poi ancora in piedi con le mani suoi capelli, a vivere lo strazio che nessuno può immaginare. Lì solo a pochi metri dal corpo senza vita di suo figlio. La stessa distanza di mamma Graziella, che invece, aveva sentito fin dall’inizio il presagio della tragedia. «Io me lo sentivo che sarebbe morto — urlava con le mani sul viso —. Me lo sentivo che l’avremmo trovato così». Ma i genitori insegnano la forza ai propri figli, anche nella disperazione più cupa. E quel coraggio di guardare e riconoscere Riccardo, Albano e Graziella lo hanno trovato.

E SOTTO gli occhi bassi della folla, rispettosa di un dolore senza confini, si sono consumati gli interminabili silenzi di patimenti d’anima. Albano è operaio in un mobilificio di Sarnano e Graziella è titolare della pizzeria ‘I giardini’ di Amandola, dove Riccardo, dopo aver interrotto gli studi, lavorava. Una famiglia nota in paese, dove tutti si conoscono e ognuno respira l’umore dell’altro. «Lo conoscevo bene, Riccardo — racconta una giovane donna amandolese, dopo aver appreso la notizia in spiaggia —. Veniva a catechismo fino a poco tempo fa. Ed era un ragazzo tanto dolce». Gli amici e coetanei di Riccardo, ad Amandola, non hanno voglia di parlare della disgrazia. Chiusi nel dolore di chi è troppo grande per essere un bambino, ma troppo piccolo per ammettere che da ieri, Riccardo non c’è più, si sono chiusi in casa, a custodire un dolore fatto anche di rabbia. Perché se quel pedalò non fosse stato preso, forse Riccardo sarebbe ancora qui. C’è chi si è messo a letto, chi a guardare la televisione, chi a cercare foto che ritraggono sorrisi e spensieratezza. Quei sorrisi di scherzi e scherni tra adolescenti, che non fanno pensare ad una simile tragedia, e ora riportano indietro di un tempo recente e tanto lontano che non tornerà più. Ma potrà essere cercato nel bagaglio dei ricordi e nell’assurdità dei se e dei ma.

I funerali del 16enne si svolgeranno giovedì mattina alle 10 nella chiesa del Beato Antonio nella piazza centrale di Amandola. Il sindaco ha deciso infatti di rinviare al giorno successivo i festeggiamenti che si sarebbero dovuti svolgere in occasione della festa del patrono.

Paola Pieragostini