Reggio Emilia, 10 novembre 2013 - "Ero a Cutro per un convegno quando ho saputo la notizia del sequestro di Grande Aracri e ha suscitato un forte clamore, anche perché si tratta del primo sequestro patrimoniale contro questo clan".

Enrico Bini, ieri, era di ritorno dalla Calabria e sul suo profilo Facebook ha pubblicato la notizia del sequestro preventivo anticipato da tre milioni di euro nei confronti di beni intestati o comunque riconducibili a Francesco Grande Aracri, fratello di Nicolino, ritenuto il boss di Cutro e di Reggio. E proprio da Reggio è arrivato uno dei colpi più grossi all’organizzazione ‘ndranghetista. Perché i boss mettono in conto il carcere — da cui spesso mantengono il controllo della cosca, lasciando le ‘ambasciate’ alle mogli — ma non digeriscono la possibilità di venire ‘aggrediti’ a livello patrimoniale: i soldi sono il fulcro attorno a cui ruota il potere della criminalità organizzata.

Bini, com’è stata accolta la notizia a Cutro?
"E’ stato un evento storico perché mai erano stati sequestrati beni ai Grande Aracri. Un segno che sono una famiglia ormai in declino, sebbene ancora molto potente e con molti beni anche in Calabria. A margine del convegno abbiamo commentanto, anche con il sindaco di Cutro che ha ospietato il dibattito".

Di cosa ha parlato nel convegno?
"Si è parlato della crisi. Cutro è un paese preoccupato a causa della crisi economica e anche chi è venuto a Reggio sta tribolando con il lavoro. Io ho ribadito l’importanza della legalità e della cooperazione. Perché ci sono cutresi che vivono in città da venti o trent’anni e si sentono reggiani, ma non riescono pienamente a integrarsi. Mentre è importante anche il loro appoggio per la lotta alla criminalità organizzata".

Il sequestro eseguito dai carabinieri a Brescello è il primo in Emilia Romagna. Ha un grosso significato per il nostro territorio.
"Vuol dire che ci sono indagini in corso che dopo anni stanno portando ai risultati attesi. Prima la sentenza di Nicolino Sarcone. Ora questo. Qualcosa di importante si sta muovendo. Questo vuole anche dire che le infiltrazioni ci sono, che la ‘ndrangheta ha un forte radicamento nel nostro territorio. E che abbiamo sottovalutato il fenomeno".

Il comandante dei carabinieri Paolo Zito ha sottolineato che bisogna tenere monitorata l’economia regolare perché può nascondere gli interessi della criminalità organizzata. Lei come presidente della Camera di commercio cosa ne pensa?
"Con la crisi il rischio c’è. Noi come Camera di commercio abbiamo attivato lo sportello antiraket e antiusura, per stimolare gli imprenditori a segnalare. Ma su questo punto occorre lavorare di più, bisogna far sentire le istituzioni come punti di riferimento. Inoltre alle forze dell’ordine abbiamo fornito il sistema Rivisual che serve per ricostruire i collegamenti societari".

Quindi lei ravvisa un rischio reale per l’economia reggiana?
"L’economia è l’anello di congiunzione con la ‘ndrangheta. E in questo momento, finto l’affare Alta velocità, bisogna monitorare l’Expo di Milano. Tante aziende che hanno la sede qui a Reggio vanno a lavorare per l’Expo, bisogna tenere monitorati gli appalti come è stato fatto per la ricostruzione del dopo terremoto".

 

Sabrina Pignedoli