Rimini, 2 dicembre 2011 - SE IL Cocoricò rischia la chiusura per mano del questore, gli amici del giovane finito in coma per l’mdma, potrebbero ritrovarsi invece con una denuncia per favoreggiamento. Tutti minorenni che non sembrano avere nessuna intenzione di collaborare con i carabinieri che stanno cercando di scoprire chi ha venduto il veleno al 18enne cattolichino. Questo è ancora in gravissime condizioni, dopo il trapianto del fegato a cui è stato sottoposto d’urgenza.

 

MARCO Palazzi, gestore della discoteca, la ‘serrata’ se l’aspetta da un momento all’altro, e ieri pomeriggio aveva già messo in moto il suo avvocato, Alessandro Catrani. «Capisco lo sfogo di una madre che ha il figlio in fin di vita — dice Palazzi — ma non è giusto fare del locale il solito capro espiatorio, nè farci passare per quelli che avvelenano la gente. Non può rimetterci sempre la struttura che dà anche lavoro a un sacco di persone. Dentro il Cocoricò ci sono trenta buttafuori e ogni sera collaboriamo con le forze dell’ordine, segnalando contatti sospetti, passaggio di roba e movimenti strani, oltre ad avere un ambulanza fuori con il medico. Ma duemila persone sono tante da controllare, e la maggior parte della droga entra da fuori. Mi hanno detto che ultimamente ce ne sono parecchi che arrivano con una bottiglia d’acqua in mano. Gli zaini li facciamo lasciare all’ingresso, ma l’acqua non è vietata, ed è probabilmente lì, dicono, che i ragazzi sciolgono questa nuova droga sintetica, l’mdma, facilmente solubile, inodore e incolore. Abbiamo deciso che da oggi in poi faremo entrare solo quelli con le bottiglie ancora sigillate e che quelle che troveremo già aperte, dovranno buttarle. Di più però non possiamo fare. Quel ragazzo in fondo l’abbiamo salvato noi. Quando si è sentito male, non voleva nemmeno salire in ambulanza, siamo stati costretti a chiamare i carabinieri per costringerlo ad andare in ospedale. Poi lì la situazione è precipitata. Mi dispiace molto, per lui e per la sua famiglia, ma non siamo noi gli avvelenatori».

 

MA scoprire chi gliela ha venduta, è tutt’altro che facile. Le persone che più potrebbero aiutare gli investigatori a ricostruire non solo la serata di venerdì scorso, ma anche le frequentazioni del ragazzo che ora sta lottando per la vita, hanno alzato un muro di omertà. Anche ieri, i carabinieri di Riccione hanno sentito altri amici che erano con lui quella sera. Quasi tutti minorenni, interrogati alla presenza dei genitori, ma che come quelli che li hanno preceduti non sono per niente collaborativi. Non sanno niente, dicono, mai vista droga girare, nè cosa abbia fatto esattamente l’amico che pure era al tavolo con loro. Tante ‘scimmiette’ che non vedono, non parlano e non sentono. Nonostante un loro coetaneo sia in un letto d’ospedale attaccato a un soffio, loro non sembrano per niente disposti a fare la loro parte, forse per paura dei genitori o semplicemente per non essere coinvolti. Giurano di non saperne nulla, ma per i militari stanno mentendo. E la mancanza di collaborazione è stata talmente sfacciata che gli inquirenti sono ormai a una passo dal denunciarli tutti quanti per favoreggiamento.