Rimini, 3 marzo 2014 - Il caso dell'omicidio di Mozzate (Como) è a una svolta. Il fornaio albanese Dritan Demiraj, 29 anni, ha confessato di aver ammazzato l'ex compagna Lidia Nusdorfi, la 35enne riminese uccisa a coltellate (foto) nel sottopassaggio della stazione ferroviaria, lungo la linea Saronno-Varese. 

I carabinieri di Rimini, a supporto dei colleghi di Como, lo hanno fermato per omicidio dopo ore di interrogatorio. Fermato per favoreggiamento il datore di lavoro, titolare del forno riminese, che avrebbe, forse solo per solidarietà senza la piena consapevolezza dell’accaduto, fornito un alibi all’albanese. Demiraj era stato sentito ieri nella caserma dei carabinieri di Rimini.

E proprio nell'interrogatorio sono emerse le contraddizioni tra le dichiarazioni dell’albanese e quelle del datore di lavoro, soprattutto sugli orari di sabato notte. Quindi è arrivata la confessione.

L’uomo, che vive a Rimini con i due figli, uno avuto dall’ex compagna, si sarebbe mosso in auto alla volta di Mozzate e poi sarebbe tornato in Romagna. Ai militari ha raccontato della relazione finita sei mesi fa con Lidia Nusdorfi: "Mi ha tradito con mio cugino". Un nuovo amore per la 35enne con un ragazzo poco più che ventenne, che avrebbe scatenato la gelosia dell’ex.

Nata in provincia di Milano, a Garbagnate Milanese, Lidia Nusdorfi si era trasferita e poi aveva vissuto a lungo a Rimini. Disoccupata, era tornata da qualche mese in Lombardia a Mozzate, dove era ospite di parenti. Sabato sera stava tornando verso casa: era scesa dal treno e si stava dirigendo verso il parcheggio dietro la stazione quando è stata aggredita.


Una riminese di 36 anni denuncia per favoreggiamento

Una riminese di 36 anni, attuale convivente di Dritan Demiraj, e’ stata denunciata dai carabinieri di Rimini per favoreggiamento, per aver aiutato negli spostamenti il fornaio albanese che ha confessato ai carabinieri l’omicidio dell’ex convivente. Nelle indagini e’ emersa una denuncia per maltrattamenti in famiglia che la vittima aveva presentata nel 2010 nei confronti di Demiraj. La relazione tra il fornaio e la donna, madre di due figli piccoli, non era stata semplice fin dall’inizio, tanto che gia’ allora Lidia si era detta vittima di soprusi tra le mura domestiche. La denuncia aveva prodotto un procedimento penale a carico dell’albanese, fino alla richiesta da parte dell’autorita’ giudiziaria di una condanna a otto mesi. Nel 2013 le accuse erano state archiviate perche’ la donna, che non aveva mai smesso di vivere sotto lo stesso tetto del suo assassino, aveva ritirato la denuncia.

Demiraj e’ a disposizione dell’autorita’ giudiziaria per l’interrogatorio di convalida, cosi’ come il datore di lavoro che in un primo momento aveva fornito un alibi all’assassino reo confesso. Dopo ore di interrogatorio, pressati dai militari di Como e di Rimini, i due uomini si sono contraddetti, e mentre l’albanese confessava il delitto, provocato da un presunto tradimento della donna, il riminese ammetteva di aver voluto favorire il dipendente impietosito dal futuro dei due bimbi di Lidia accuditi da Demiraj e per la sorte dei quali ora i carabinieri hanno interessato i servizi sociali.


Si cerca l'amico che ha telefonato a Lidia

Si è anche venuto a sapere che l'albanese avrebbe chiesto ad un amico di chiamare la donna e fissare un appuntamento. I carabinieri stanno cercando di identificare l’autore della telefonata a Lidia Nusdorfi. Il conoscente, probabilmente residente al nord, si sarebbe fatto convincere ad intercedere per ottenere un appuntamento in stazione con la donna.