Al Tpo, nell’Habitat dei C’mon Tigre

Stasera note che spaziano fra Mediterraneo e Brasile "Nell’album una dimensione parallela alla quotidianità".

Al Tpo, nell’Habitat dei C’mon Tigre

Al Tpo, nell’Habitat dei C’mon Tigre

La loro musica viaggia tra le coste del Mediterraneo e le spiagge di Ipanema, Brasile, così care al movimento culturale tropicalista. Ma è a Bologna che i C’mon Tigre, una band italiana dal vasto respiro internazionale hanno scelto di vivere e di lavorare. Ed è negli spazi del Tpo che questa sera , prima data del tour, presenteranno il loro nuovo disco Habitat. Ospite Giovanni Truppi.

’Habitat’ è un titolo che fa immaginare l’ambiente perfetto dove vivere.

"Si, l’idea che abbiamo sviluppato nelle canzoni che compongono il disco è proprio quella di creare un ecosistema sonoro che rispecchiasse le nostre passioni musicali. Una dimensione parallela a quella della quotidianità nella quale immergersi lasciandosi trasportare dal flusso leggero delle tante fonti sonore che la attraversano. È un lavoro immaginato come un viaggio che percorre il pianeta, che parte dal nostro mare, solca gli Oceani, passa dall’Africa e arriva nel cuore rigoglioso del Brasile".

Un viaggio perfettamente rappresentato dai tanti ospiti che avete invitato nelle canzoni che compongono ’Habitat’.

"Siamo riusciti a dialogare artisticamente con alcune delle personalità per noi più rappresentative della musica moderna, cercando sempre un possibile, fragile, equilibrio tra le radici, le suggestioni etniche e la contemporaneità. Prendiamo il Brasile, una delle nazioni al mondo con il più ricco patrimonio sonoro. Abbiamo chiesto di partecipare a Habitat a due artisti, che, in maniera diversa, rappresentano le incredibili capacità espressive di quella terra. Da un lato la cantante Xenia Franca, fortemente legata alle esperienze del tropicalismo, dall’altro Arto Lindsay, sperimentatore della scena dell’avanguardia newyorchese di origini brasiliane che ha portato il Brasile tradizionale nell’oggi".

Un continuo rimando sia geografico che temporale che è il segno identitario dei C’mon Tigre.

"Ci piace immaginare una musica che non senta la necessità di chiudersi nei confini e sia libera di essere nomadica. Motivo alla base della scelta di uno degli altri artisti che hanno accettato l’invito a essere dentro Habitat, il grande Seun Kuti, il figlio di Fela Kuti, la star nigeriana, adesso scomparsa, che ha inventato l’afro beat, tra tribalismo e funk. La ‘sua’ Africa è per noi una delle principali fonti di ispirazione, fuori da ogni convenzione folklorica, eppure strettamente connessa con la terra".

Vi definite un collettivo musicale.

"Abbiamo scelto di mettere avanti la nostra musica, prima che la nostra immagine, per questo dal vivo suoniamo indossando delle maschere, vogliamo che l’ascoltatore sia focalizzato sulla musica e non sui singoli componenti dei C’mon Tigre".

A proposito di immagine, la vostra relazione con le arti visive è sempre stata molto forte.

"Abbiamo pensato al nostro ‘collettivo’, sin dagli esordi, come a un luogo di incontro e di dialogo tra artisti di linguaggi diversi, dalla musica al disegno all’animazione, da Gianluigi Toccafondo a Erikailcane, Stefano Ricci e Donato Sansone, che ha diretto il video del singolo Sento un morso dolce, con la partecipazione di Giovanni Truppi".

Pierfrancesco Pacoda