CHIARA CARAVELLI
Cronaca

Appennino, la lenta ripartenza: Monzuno devastato dalle frane. Lavori senza sosta sulle strade

Il Comune è uno dei più colpiti: la prima stima relativa ai danni supera i 14 milioni di euro. Intanto la frazione di Vado è una macchina di solidarietà, tanti i camion in arrivo con le donazioni.

Appennino, la lenta ripartenza   Monzuno devastato dalle frane  Lavori senza sosta sulle strade

Appennino, la lenta ripartenza Monzuno devastato dalle frane Lavori senza sosta sulle strade

La tavola è pronta. Poco prima dell’una è un via vai di volontari e operai. Un centinaio di sedie rosse, perfettamente allineate sotto il tendone della parrocchia, li aspettano per pranzo. Al centro, due lunghe tavolate in legno apparecchiate per l’occasione. In cucina si lavora senza sosta per riuscire a servire il pranzo. Venti, trenta, sessanta. Le volontarie tengono il conto dei coperti perché "nessuno deve rimanere senza la minestra". A Vado, oggi, splende il sole. Questo piccolo centro dell’Appennino sta, piano piano, riprendendo a vivere. E lo fa con la forza della sua gente, la stessa che una settimana fa è stata colpita dalla furia dell’alluvione. Lo fa con l’allegria e l’affetto dei suoi volontari. I tanti, tantissimi, che ogni giorno si mettono a disposizione del paese. Tra chi spala fango e chi raccoglie e smista le donazioni arrivate con i camion. Cibo, prodotti per l’igiene, coperte, stivali, giocattoli per bambini.

La palestra di Vado è un grande magazzino di solidarietà. Qui, tutti i giorni da una settimana, le persone sfollate (ieri erano 257, ma il numero è destinato a salire, ndr) vengono a ritirare i pasti. "In ogni stanza – racconta Irene, una giovane volontaria – abbiamo smistato cose diverse. Ci arrivano tantissime donazioni ogni giorno, di qualsiasi tipo, e in questo modo riusciamo a organizzare il lavoro. Siamo in attesa di altri due camion in arrivo da Napoli". La sala principale della palestra, invece, è diventata un punto di aggregazione dove ogni pomeriggio, intorno alle 18, vengono fatte le riunioni.

Sono passati otto giorni dall’alluvione e il paese, oggi, è spaccato in due. Se da un lato sembra che l’ondata di maltempo non l’abbia nemmeno sfiorato, dall’altro il rumore delle ruspe non fa dimenticare quanto successo. Via Val di Setta è un lungo susseguirsi di frane. Sul lato sinistro, la montagna si squarcia in più punti. Alberi spezzati, fango e detriti scaricati a valle con una forza dirompente. I muri crollati come castelli di sabbia rendono l’idea della violenza con cui la terra li ha colpiti. Nel solo Comune di Monzuno si contano ben 73 frane con danni che, a una prima stima, superano i 14 milioni di euro. Le strade, sono strisce, lunghissime, di fango. In corrispondenza della piccola frazione di Allocco, la provinciale 325 è stata completamente cancellata. Al suo posto, dopo una corsa contro il tempo durata giorni, è stato riaperto un tratto della vecchia Autostrada del Sole. Quel chilometro di asfalto dove fino a sabato scorso lavoravano senza sosta gli operai, oggi è un primo tassello per la ripartenza di questa parte di Appennino.

Marco, conosciuto come ‘il fabbro di Vado’, guarda la sua officina devastata dall’alluvione. Fuori, vicino al muretto, gli attrezzi di una vita sono ormai un cumulo di ferraglia. "In mezz’ora – racconta – ho perso tutto. Mercoledì scorso, era mattina presto, intorno alle 5.30, ero sceso a controllare il livello dei fossi e non avevo notato criticità. Sono salito a casa per bere il caffè e, poco dopo, non avevo più niente. Credevo di essere in un film, non avevo neanche paura, pensavo solo ‘non sta succedendo davvero’". Marco è spaccato in due come il paese dove è nato e vissuto. Nelle sue parole, il dolore di quei momenti si scontra con la speranza di ripartire. "Ho lottato una vita – continua – per non fare il pendolare. Il mio lavoro era distante solo sedici scalini da casa. Ora guardo quel posto e non vedo più niente".

Anche per lui, la macchina della solidarietà non si è mai fermata. "Da giorni, plotoni di ragazzi con badili e vanghe mi stanno aiutando. Se continuiamo così, a settembre dovrei riuscire a riaprire l’attività. Tornare a lavorare è fondamentale, anche perché due anni di pandemia mi hanno troncato le gambe. Il costo dei materiali era salito alle stelle e le persone, anche se avevano bisogno, ci pensavano due volte prima di fare un lavoro". Camion, ruspe, escavatori. E ancora rastrelli e vanghe. Via Val di Setta è un cantiere a cielo aperto. Il sindaco, Bruno Pasquini, controlla ogni mossa. Si ferma, parla, rassicura. La sua presenza, per le persone, è fondamentale, rincuorante: "Buongiorno sindaco, guardi come sono andati avanti i lavori", "Le offro un caffè?".

Sono da poco passate le due. Sotto il tendone della parrocchia non è rimasto più nessuno. Intorno alla tavola, i sorrisi di Roberta, Claudia, Irene e le tante altre volontarie che, dopo aver servito il pranzo, si concedono un po’ di riposo. Parlano e scherzano, si abbracciano e si commuovono. È già ora di pensare alla cena. Perché "nessuno deve rimanere senza la minestra".