Avati, una vita da tifoso: "Questa stagione magica meriterebbe un film"

Antonio Avati, tifoso del Bologna, esprime gioia post-vittoria contro la Roma. Ricorda momenti difficili e sottolinea l'importanza dell'ambiente creato da Thiago Motta.

Avati, sensazioni post vittoria all’Olimpico?

"Gioia. Grande, immensa. Questa mattina ero in imbarazzo: il 90% delle persone che conosco è romanista. E allora mi sono imposto di non parlare della partita. Qualcosa, però, alla fine mi è scappato...". Antonio Avati risponde al telefono tra una produzione e l’altra, in un filo diretto che parte da Bologna e arriva, guarda caso, proprio a Roma. Rispetto al fratello maggiore Pupi, è lui l’anima rossoblù della famiglia, il tifoso che non perde nemmeno una partita.

Alla fine qualche frecciatina l’ha scoccata?

"Ero sicuro che ci sarebbero rimasti molto male. Poi il discorso è uscito fuori, così non ho potuto non dire nulla sulla partita...".

I giallorossi non l’avranno presa bene...

"Per i romanisti è stata una brutta botta. Per noi, invece, un rilancio fantastico dopo i due pareggi precedenti. Non lo abbiamo mai ammesso, ma quei risultati avevano affievolito leggermente l’entusiasmo che veleggiava".

Mentre oggi è risalito alle stelle.

"Io non sono un tifoso della prima ora, ho sempre seguito il Bologna. Ricordo bene il periodo dello scudetto, 60 anni fa esatti, e mi sembra quasi di riassaporare quel clima...".

Non sono mancati anche anni tormentati.

"Certo. Allo stesso modo infatti ricordo gli anni di Serie B, quelli di Serie C, le salvezze acciuffate all’ultimo secondo: ho seguito tutto. Non scordo il doppio spareggio con il Parma, durante la gestione di Carlo Mazzone, e la conseguente retrocessione (nel 2005, ndr). Ho visto la risalita in A, con il gol decisivo di Massimo Marazzina contro il Pisa (nel 2008, ndr). Ho sostenuto la squadra anche quando navigavamo, diciamocelo, in acque penose".

E oggi?

"Non posso che essere strafelice. E devo dire che Thiago Motta si è contornato, insieme con la direzione sportiva e i suoi collaboratori, di un ambiente fantastico. C’è un gruppo molto ampio, la panchina è lunga".

Si è visto anche lunedì pomeriggio.

"Pochi si sarebbero aspettati Calafiori terzino, quasi nessuno avrebbe immaginato El Azzouzi così al centro del gioco. C’è poi un aspetto che mi colpisce particolarmente...".

Ci svela quale?

"Ogni domenica continuiamo comunque a sorprenderci. C’è sempre quel guizzo, quella giocata, quell’intuizione dell’allenatore che continua a farci rimanere meravigliati".

Il gioco resta anche se cambiano gli interpreti, insomma. Ma una stagione del genere meriterebbe un film, secondo lei?

"Sicuramente è una storia da raccontare. Però credo anche che si dovrebbe partire da un periodo triste, dalla scomparsa di Mihajlovic, e mettere dentro tutto, non solo la felicità di quest’annata che, speriamo tutti, si concluda per il meglio. Penso che, senza togliere niente a quel genio di Motta, se prima non ci fosse stata quella situazione, certe ‘presidenze’ e certe direzioni non sarebbero state le stesse. C’è una radice lontana, che non è la ragione principale del successo, ma ha sicuramente contribuito".

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