Carretta, delitto dimenticato. Veltroni scava nella storia

Oggi in Salaborsa presenta ’La Condanna’ sul linciaggio del settembre 1944 "È la vicenda di un ’vinto’, una vittima sacrificale di cui non si parla più" .

Carretta,   delitto dimenticato. Veltroni scava  nella storia

Carretta, delitto dimenticato. Veltroni scava nella storia

È una storia che affonda le sue radici negli anni terribili dell’epilogo della dittatura nazifascista, quella raccontata da Walter Veltroni nel suo nuovo libro, ’La Condanna’ (ed Rizzoli), che ricostruisce la vicenda terribile di Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato a Roma nel settembre del 1944 dalla folla senza un processo per la sua presunta vicinanza al regime che aveva devastato l’Italia. Attraverso le parole di un giovane giornalista incaricato oggi di rievocarne la vicenda, lo scrittore mette in scena il dramma delle condanne emesse sommariamente, come succede adesso con le persecuzioni sui social. Il volume verrà presentato oggi in Salaborsa (ore 18) dall’autore all’interno della rassegna La Voce dei Libri, in dialogo con Claudio Cumani.

Veltroni, la persecuzione nei confronti di Carretta, la sua condanna sommaria sono nascoste tra le pieghe della grande storia.

"Quella di Carretta è la tragica avventura di un personaggio minore, di quelli che non entreranno mai nei libri, sono i ‘vinti’, le vittime sacrificali che le epopee si lasciano dietro, come se fossero un necessario tributo da pagare alla storia. E proprio per questo mi ha affascinato: avevo letto il bel libro su di lui scritto da Gabriele Ranzato nel 1997 e mi colpì quel senso di solitudine, di desolazione che quell’epilogo emanava. E ancora di più mi ha scosso la rimozione totale che di questo avvenimento è stata fatta, non esiste nulla che lo ricordi, nemmeno una piccola targa sul luogo del linciaggio".

Lei nel libro affida l’indagine alla curiosità di un giovane cronista di un quotidiano. Lo ha immaginato come suo alter ego?

"Ci accomuna il bisogno, sempre, di non credere che esistano certezze consolidate e che la cronaca sia solo in bianco e nero. I dubbi, la ricerca, la necessità di comprendere che la complessità va analizzata, sono sempre stati gli strumenti di cui un giornalista deve avere coscienza. E così fa il giovane redattore, che, in una informazione schematica, che con difficoltà va a fondo, esplora, per farli riemergere, quei giorni bui del 1944".

E lo fa grazie al sostegno del suo capo redattore.

"La figura più adulta è centrale nel racconto. È lui che dà fiducia al ragazzo, sottraendolo agli aggiornamenti del web per chiedergli di concentrarsi su quello che era successo a Carretta, di parlare di responsabilità e di quello che si sarebbe potuto fare per salvarlo. Il loro rapporto è anche una metafora della mancanza, oggi, di veri maestri, di persone capaci di mettere la propria esperienza e le proprie conoscenze a disposizione dei giovani".

Tema quanto mai importante in tempi dove sembra che tutti possano fare tutto.

"Il problema è proprio questo, non riconosciamo più alcun valore alle competenze. E non parlo ovviamente solo del giornalismo, ma di qualsiasi settore, la teoria dell’ ‘1 vale 1’ non permette ai talenti, a chi è davvero appassionato del proprio lavoro di farlo come vorrebbe. Ma, per fortuna, le vie di uscita e di riscatto ci sono. Ed è questo il tema centrale del libro, al di là della vicenda di Carretta".

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