Ciavardini mentì in aula . Chiesta la condanna

A quattro anni e tre mesi. L’imputato era testimone nel processo a Cavallini

"La reticenza di Luigi Ciavardini e Vincenzo Vinciguerra costituisce un vulnus sull’accertamento della verità per un fatto gravissimo come la strage di Bologna". Così la pm Rossella Poggioli ha chiesto ieri in aula la condanna a quattro anni e tre mesi per l’ex Nar Ciavardini, già condannato in via definitiva a trent’anni come uno dei responsabili della strage in stazione (gli altri condannati all’ergastolo con sentenza passata in giudicato sono Francesca Mambro e il marito Giusva Fioravanti), e a due anni per l’ex esponente di Ordine nuovo e di Avanguardia Nazionale Vinciguerra, entrambi accusati di falsa testimonianza aggravata per essere stati reticenti durante il processo di primo grado che ha portato alla condanna all’ergastolo, poi confermata in appello, dell’ex Nar Gilberto Cavallini, accusato di essere uno degli esecutori della strage del 2 agosto.

Secondo l’accusa, Ciavardini è responsabile di non aver rivelato i nomi dei medici che lo curarono a Roma e poi in Veneto, dopo che era rimasto ferito in seguito all’agguato davanti al liceo Giulio Cesare di Roma, il 28 maggio del 1980, durante il quale rimase ucciso il poliziotto Francesco Evangelista, detto ‘Serpico’. Inoltre, l’ex Nar è accusato di aver nascosto l’identità degli amici di Cavallini che lo ospitarono a Villorba di Treviso tra luglio e agosto 1980. Mentre

Vinciguerra (che sta scontando l’ergastolo per la strage di Peteano) non riferì i nomi di chi gli parlò di un collegamento tra il gruppo di Fioravanti e Cavallini, il gruppo veneto ordinovista di Massimiliano Fachini e quello di Paolo Signorelli e Sergio Calore.

Per la Procura dunque non solo i rapporti tra Ciavardini e Cavallini non si sarebbero mai interrotti, come proverebbe il fatto che Cavallini abbia lavorato nella coop riconducibile a Ciavardini e a sua moglie; poi, il fatto che il primo non abbia voluto fare i nomi dei medici che lo curarono e degli amici di Cavallini che lo ospitarono, sarebbe "un evidente tentativo" di proteggere ancora oggi il secondo.

In questo processo era imputato sempre per falsa testimonianza anche Stefano Sparti, figlio di Massimo già testimone decisivo per la condanna a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti come esecutori della strage. Sparti è morto nel gennaio del 2023 e perciò nei suoi confronti è stata dichiarata l’improcedibilità, anche se il giudice Gilda Del Borrello aveva sottolineato di non poter pronunciare una sentenza di assoluzione, ritenendo le sue dichiarazioni "tali da destare dubbi sulla loro veridicità".

Alla prossima udienza toccherà parlare a parti civili – rappresentate tra gli altri dall’avvocato Andrea Speranzoni, per i familiari delle vittime – e difese.