
Davide Enia è attore e scrittore. Stasera porta il suo spettacolo ’Autoritratto’ al teatro Laura Betti di Casalecchio
‘Autoritratto’ di Davide Enia "è una tragedia, una orazione civile, un processo di autoanalisi personale e condiviso, un confronto con lo Stato, una serie di domande a Dio in persona", spiega l’autore-attore palermitano. Si avvale del dialetto, del cunto e del corpo come gli strumenti di un vocabolario teatrale che ha costruito nella sua città.
Riavvolge il nastro a 32 anni fa, alle stragi di mafia e a un evento che scosse le coscienze: il rapimento, la prigionia e l’uccisione di Giuseppe di Matteo, 12 anni, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido. Autoritratto va in scena stasera alle 21 al Laura Betti di Casalecchio.
Davide Enia, quali sono le domande che pone ’a Dio in persona’?
"In che modo si possa contrastare il male. Questa è la domanda che determina l’esistenza di tutti. Bisogna prendere coscienza delle proprie ferite e imparare a nominarle per distruggere chi coltiva un terreno con la ferocia e l’omertà. Dunque, chiedo: in che modo possiamo disarticolare il linguaggio della violenza?"
È riuscito a trovare una risposta?
"Non io, l’hanno trovata persone come Padre Pino Puglisi, mio professore di religione, come di migliaia di ragazzi. Fu ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 perché portatore di mitezza e di ascolto, con cui riusciva a disarticolare la liturgia del silenzio".
Parla di linguaggio della violenza e di liturgia del silenzio, che porta all’omertà. Il problema è anche linguistico?
"Cosa Nostra, la mafia, il malaffare non sono alieni calati sul pianeta. Cosa nostra è un prodotto linguistico, così come lo è la realtà. Ed è necessario nominare le parole per arrivare alle strutture dell’omertà".
In che modo rappresenterà Palermo e la cronaca degli anni Novanta?
"Attraverso un teatro nudo. Nello spazio vuoto vivranno una moltitudine di personaggi e ambienti. Il palcoscenico è il luogo di rappresentazione dove si depositano i traumi, si rinegozia e si ricostruisce una realtà".
E da che punto di vista la racconterà?
"Dal punto di vista di un bambino che a otto anni vide il primo morto ammazzato e di un adolescente che assistette nel ‘92 alle stragi mafiose".
Attraverso il teatro riesce a fare i conti con la sua terra?
"Faccio continuamente i conti con la Sicilia e con l’Italia. Gesualdo Bufalino diceva: ‘La mafia sarà sconfitta da un esercito di maestri elementari’. E il mio Paese continua a tagliare i finanziamenti alla scuola pubblica. Devo aggiungere altro?"