Dendievel e Talevi fanno volare Mozart

La recensione: cast vocale di alto livello chiama gli applausi ripetutamente. Ottima sintonia con l’Orchestra.

Dendievel e Talevi fanno volare Mozart

Dendievel e Talevi fanno volare Mozart

Alla loro seconda prova congiunta con il trittico mozartiano, Martijn Dendievel (direttore d’orchestra) e Alessandro Talevi (regista e scenografo) hanno confermato con ’Don Giovanni’ la classe artistica già mostrata lo scorso anno in memorabili ’Nozze di Figaro’. Difficile dire se si tratti di un vero gioco di squadra: di fatto il risultato c’è, e se si considera che ’Don Giovanni’ ha quasi sempre zoppicato a Bologna, quello andato in scena domenica si classifica fra i più interessanti dell’ultimo mezzo secolo. Il teatro ha messo insieme un cast vocale d’alto livello: tutti cantanti con spiccata personalità, interpreti ideali per i rispettivi personaggi e vocalmente irreprensibili – non uno escluso – tanto che dobbiamo limitarci a elencarli in ordine d’apparizione: Davide Giangregorio (Leporello), Valentina Varriale (Donna Anna, in sostituzione dell’indisposta Olga Peretyatko), Nahuel Di Pierro (Don Giovanni), Abramo Rosalen (Il Commendatore), René Barbera (Don Ottavio), Karen Gardeazabal (Donna Elvira), Eleonora Bellocci (Zerlina), Nicolò Donini (Masetto). Il pubblico li ha applauditi ripetutamente per tutta la recita, esplodendo in entusiasmo alla passerella finale. Martijn Dendievel conferma una particolare sintonia con l’Orchestra del Comunale; e sebbene i rapporti col palcoscenico abbiano sofferto di qualche disallineamento, l’esecuzione era in generale molto solida, con una particolare attenzione a guidare i cantanti verso il recupero di prassi esecutive settecentesche e la ricerca di effetti originali, benché ricavati direttamente dalla partitura. Alessandro Talevi ha cercato invece l’originalità fuori dal testo, trovandola nella persistenza culturale del protagonista come mito: ogni epoca ha avuto il suo Don Giovanni e dunque la tentazione è stata d’ambientare i singoli quadri dell’opera in secoli diversi. Una bella intuizione, ma non sopportata dall’opera in questione, nata sotto altro tipo di drammaturgia. E così il gioco funziona soltanto all’inizio, ricadendo su sé stesso quando le donne sedotte in diversi momenti storici confluiscono poi nel medesimo spazio, portandosi dietro le differenti società in cui vivono: a quel punto lo spettatore perde il senso dell’idea originale e vede solo un’accozzaglia stilistica di costumi. Peccato, perché Talevi è un grande regista quando lavora dentro il testo, sulla parola, sul gesto ad essa strettamente collegato e correlato alla musica: un regista capace di sottolineare ogni singolo dettaglio narrativo, e farne emergere altri di cui non ci eravamo mai accorti. Se nel ’Così fan tutte’ annunciato per il prossimo anno si asterrà da sovrastrutture intellettualistiche che quei testi mal sopportano, potremo aspettarci un capolavoro di regia.

Marco Beghelli