MONICA RASCHI
Cronaca

Depressione, i bolognesi in cura sono oltre cinquemila

Oggi è il Blue Monday, la Giornata mondiale che vuole ricordare come la depressione sia uno dei disturbi più diffusi al mondo. Marco Menchetti, psichiatra del Dipartimento di salute mentale dell’Ausl di Bologna: “Da noi in cura in 5.000 ma sono solo la punta dell’iceberg”

Marco Menchetti, psichiatra del Dipartimento di salute mentale dell'Ausl Bologna

Marco Menchetti, psichiatra del Dipartimento di salute mentale dell'Ausl Bologna

Bologna, 15 gennaio 2024 – Cinquemila persone che soffrono di depressione in cura presso il Dipartimento di salute mentale dell’Ausl Bologna ma, secondo Marco Menchetti, psichiatra del servizio, il numero non rispecchia la realtà “ma solo le persone che sono in cura da noi. Bisogna considerare tutte quelle che si rivolgono al medico di famiglia, ai privati e quelli cercano di uscirne da soli. Potrebbero essere anche 15mila nel Bolognese, naturalmente è un dato di stima”.

“Il fenomeno – spiega Menchetti – colpisce soprattutto le donne e, dalle nostre ricerche e osservazioni, vediamo che i casi più numerosi arrivano da quelle zone o quartieri più disagiati, dove il reddito e gli accessi ai  servizi sono minori. Sul fatto che ci siano più donne coinvolte è doverosa una precisazione: loro chiedono più aiuto degli uomini che, invece, cercano di risolvere da soli il problema magari facendo uso di alcol o droga”.

Per quanto riguarda l’età, lo psichiatra, chiarisce che il picco maggiore di persone depresse si ha intorno ai venti anni, per le donne dai 45 ai 55 quando arriva la menopausa e poi sopra i 65 anni, dove il disagio colpisce anche il genere maschile ma quello femminile rimane sempre in prevalenza. 

Sul fatto che tale disagio sia sempre più in evidenza, secondo Menchetti, è perché se ne parla di più, quindi c’è una tendenza positiva alla richiesta di cura, ma ci sono anche motivazioni oggettive che, specialmente per i più giovani, vanno dalle minori prospettive per quanto riguarda il futuro, alla competitività molte volte esasperata sia sullo studio che sul lavoro, a una generale tendenza all’individualismo che fa venire meno quelle reti amicali o parentali di protezione molto importanti per combattere la depressione.

Senza dubbio, dal punto di vista della prevenzione, sottolinea Menchetti, sono positive tutte quelle iniziative che mettono al centro la socialità, ma anche l’attività fisica e, al primo serio campanello di allarme, avere la consapevolezza di chiedere aiuto.

Per quanto riguarda il fattore genetico, un ambito in fase di valutazione, secondo  il primo studio condotto a livello globale su larga scala coinvolgendo persone di diverse etnie, si scopere che sono oltre 200 geni associati al 'mal di vivere'. Il lavoro, pubblicato su 'Nature Genetics' e coordinato dall'University College di Londra (Ucl), permetterà di individuare nuove strategie di cura che colpiscano i 'bersagli' individuati. Approcci che potrebbero anche passare dal riposizionamento di vecchi farmaci, ossia dal 'riciclo' di medicinali già noti e usati contro altre patologie.