NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

“Donne molestate nei cortei pro Palestina”, il grido delle femministe a Bologna

Decine di volantini e striscioni affissi in zona universitaria dalle ragazze che hanno denunciato pubblicamente abusi subiti durante i cortei

Manifestazione pro Palestina davanti al Baraccano: il corteo

Manifestazione pro Palestina davanti al Baraccano: il corteo

Bologna, 9 giugno 2024 – C’è una questione da risolvere in seno ai movimenti di protesta contro la guerra in Palestina. La questione delle molestie denunciate pubblicamente da alcune attiviste, che avrebbero subito gli abusi nei cosiddetti "spazi di intersezionalità politica" che le hanno viste in piazza al fianco di altri collettivi e gruppi mossi dall’obiettivo comune della solidarietà alla causa palestinese.

Gruppi che, a detta delle ‘Gatte randage complici e solidali’, "riproducono, nascondono e normalizzano violenza maschile e molestie nei loro spazi e nelle loro assemblee, mettendo a tacere le compagne che hanno provato a denunciare questi fatti".

Fatti che non sono mai arrivati sul tavolo di polizia o carabinieri, ma gestiti attraverso le modalità della ‘giustizia trasformativa’. Ossia, comunicandoli solo all’interno dei gruppi di riferimento, allo scopo di prendere provvedimenti in autonomia, isolando o allontanando gli autori delle condotte violente. Un modus agendi che però, come spiegano le firmatarie delle decine di volantini e striscioni apparsi in zona universitaria in questi giorni, hanno invece portato all’isolamento delle vittime, con i ‘carnefici’ saldi "alla testa del corteo". Da qui la scelta della protesta pubblica: "Siamo furiose e stufe di essere private di spazi che dovrebbero essere di liberazione e che invece diventano luoghi di oppressione", scrivono le attiviste.

Spiegando come "la violenza di genere non è mai una priorità nei movimenti, vige sempre una gerarchia di lotte: con questa scusa la violenza maschile viene invisibilizzata e le compagne che ne parlano isolate". Ossia, spiegano le ragazze, le compagne che segnalano abusi subiti in manifestazione o nell’ambito di momenti comuni con gli altri gruppi vengono messe a tacere, con la becera filosofia de "i panni sporchi si lavano in casa".

E le ragazze spiegano di essere due volte vittime: non solo subiscono le molestie, ma vengono anche accusate di essersela cercata, per aver ‘provocato’, esprimendo se stesse e i propri corpi liberamente, le condotte dei molestatori. "Diventiamo meritevoli di solidarietà solo da ammazzate", è il grido delle ragazze: "Ed è vizioso – scrivono ancora – chi suggerisce che denunciare pubblicamente significhi tradire la causa".

Rifiutano l’accusa di "sputare sulla causa" per aver deciso di non stare zitte, opponendosi alla politica dell’omertà che viene imposta loro per non ‘sporcare’ la reputazione del gruppo: "Noi stiamo incondizionatamente dalla parte della Palestina e della sua resistenza – dicono –. Non accettiamo che si infici la potenza delle piazze decoloniali per comportamenti omertosi riguardo ad abuser. Sappiamo che questi uomini hanno agito violenze più volte e su più persone. Sappiamo che la comunità politica afferente ne era largamente informata. Sappiamo che la decisione di insabbiare queste violenze e allontanare chi le ha subite è stata totalmente deliberata". E lo promettono: non staranno zitte. "Non lasceremo gli spazi politici a stupratori e picchiatori".