MARTINA SPAGGIARI
Cronaca

Elisabetta Sirani: due quadri tornano a casa

Di proprietà di un privato, sono stati battuti all’asta per 495mila euro. Ora troveranno nuovi spazi a Palazzo Bentivoglio

Elisabetta Sirani: due quadri tornano a casa

Elisabetta Sirani: due quadri tornano a casa

È una di quelle vite che generano leggende. Bella, piena di talento, brilla in una società di uomini e muore giovane. A 27 anni, come le rock star. Per di più è una morte improvvisa, si parla di veleno, somministrato da un’allieva gelosa e innamorata, da una domestica o persino dal padre, offuscato dalla fama di questa figlia. La scienza parla di peritonite, ma la leggenda vale di più. E di lei restano le opere, che attraversano i secoli.

Così Elisabetta Sirani (muore nel 1665), figlia di Giovanni Andrea Sirani, affermato pittore nella Bologna del barocco e collaboratore di Guido Reni, fa ancora parlare di sè. La sua arte è indiscutibile, ha successo ed è molto apprezzata, la sua vita ce la rende vicina.

E se servisse una ’misura’ del suo talento, basta guardare al risultato dell’asta tenuta due giorni fa alla Finarte di Roma: due sue opere, ’Allegoria della Liberalità’ e ’Allegoria dell’Onore’ sono state vendute per 492mila euro: cifra record per la pittrice.

Come sempre, poi, dietro una storia di quadri che attraversano i secoli, si nasconde un’altra storia: di proprietà di un privato bolognese, ora sono tornate di nuovo a un bolognese e stanno per trovare casa nelle sale di Palazzo Bentivoglio. Con la possibilità di essere esposte al pubblico.

"Le due opere – spiegano Adele Coggiola e Valentina Ciancio, esperte del Dipartimento dipinti antichi di Finarte – sono particolarmente importanti perché firmate e datate 1657. Probabilmente fu lo stesso Giovanni Andrea Sirani, dopo la morte di Elisabetta, a donarle allo storico bolognese Carlo Cesare Malvasia: infatti compaiono nel suo invetario già negli anni ’90 del Seicento, con anche la descrizione delle due splendide cornici barocche, che sono dunque quelle originali. Facevano parte di una serie di sette opere (sempre citate dal Malvasia) dedicate alle Virtù che Elisabetta realizzò basandosi sull’iconologia di Cesare Ripa, come usava all’epoca. Poi come sappiamo nel ’700 la collezione di Malvasia viene smembrata e in parte si perde. Di queste due opere, invece, conosciamo la storia, che passa dalla Germania all’Inghilterra, fino all’asta di Sotheby’s del 1972, quando vengono acquistate da un privato bolognese".

La storia non è ancora conclusa, naturalmente, perché la Soprintendenza le ha dichiarate di ’eccezionale interesse storico-artistico’ e quindi lo Stato ha ancora 60 giorni per esercitare il diritto di prelazione, oltre comunque a imporre una serie di regole per la tutela dei beni. Ma l’asta dell’altro giorno le riporta a casa, con un ’affaccio’ pubblico: "Siamo molto felici di questa acquisizione – commenta infatti Tommaso Pasquali, storico dell’arte e direttore di Palazzo Bentivoglio, istituzione privata che ha aperto parte dei suoi spazi dedicandoli alle esposizioni – che fa tornare nella città d’origine due capolavori giovanili di Elisabetta Sirani. Trattandosi di opere ’notificate’ dallo Stato aspettiamo i 60 giorni. In un caso o nell’altro sono comunque dipinti che il pubblico potrà vedere. Come avviene per tutte le opere della nostra collezione permanente, l’intenzione è di renderle accessibili attraverso mostre e prestiti a istituzioni".