Fine vita, medici in prima linea: "Rispetto, dignità e assistenza. Questo l’obiettivo degli hospice"

Danila Valenti, direttrice del Dipartimento dell’Integrazione della rete delle cure palliative Ausl "Le persone non vanno mai lasciate sole, qualunque sia la scelta. Ogni sofferenza va ascoltata".

Fine vita, medici in prima linea: "Rispetto, dignità e assistenza. Questo l’obiettivo degli hospice"

Fine vita, medici in prima linea: "Rispetto, dignità e assistenza. Questo l’obiettivo degli hospice"

Il rispetto delle richieste, la dignità del malato e le cure per aiutarlo nella fase più dura dell’esistenza, la fine della vita quando non lo vorresti. Quando vorresti stare ancora accanto a chi vuoi bene ma non ti sarà permesso. Sono i tre pilastri che stanno al centro della cure palliative, come spiega Danila Valenti, direttrice del Dipartimento dell’Integrazione della rete delle cure palliative dell’Ausl, già membro del board dell’Associazione europea cure palliative.

Dottoressa, anche lei è tra i medici emiliano-romagnoli firmatari del documento che spiega le finalità delle cure palliative e degli hospice. Perché avete ritenuto necessario tale documento?

"Siamo rimasti un po’ sorpresi dall’affermazione della dottoressa Ludovica De Panfilis quando ha detto che anche negli hospice potrebbe essere possibile attuare il suicidio assistito. Abbiamo voluto precisare che chi entra in queste strutture di fatto accetta le cure palliative che non prevedono il suicidio assistito. Quello che viene fatto è una presa in carico globale della persona nei suoi bisogni fisici, spirituali, sociali, esistenziali, terapeutici, compresa quella dei familiari. L’obiettivo è dare la migliore qualità di vita possibile. Penso ci sia stato un fraintendimento: conosco bene la dottoressa De Panfilis, è una bravissima bioeticista".

Pensa che la delibera regionale sul fine vita debba essere meglio precisata?

"Prevede molte verifiche, passaggi e commissioni che permettono di dare, in tempi ragionevoli, risposte alle persone che fanno questa richiesta. L’importante è che nessuna persona venga lasciata sola qualunque sia il percorso che ha deciso di intraprendere, che ha richiesto con piena consapevolezza.".

Ritiene che la delibera sul suicidio assistito sia un segno dei tempi, che qualcosa sia cambiato nell’atteggiamento del malato terminale?

"Incontriamo molte persone disperate. Persone giovani, madri, padri che si chiedono il perché della loro malattia. Occorre intervenire molto prima. Il percorso di accettazione è lunghissimo Con la presa in carico globale che mettiamo in atto la richiesta di suicidio assistito si riduce di almeno dieci volte,così dicono i dati di letteratura. Si riduce, ma non si annulla. Chi ad esempio è tetraplegico, chiuso nella gabbia di un corpo che non risponde più, vuole uscirne. Ci sono casi in cui la cura palliativa viene rifiutata.".

Com’è la situazione degli hospice nel Bolognese?

"C’è una rete ottima, ci sono 56 posti letto, il tutto gestito molto bene da Fondazione Seràgnoli. Come Rete delle Cure Palliative collaboriamo con le Associazioni Ant e la Fondazione Hospice Seragnoli. Noi come équipe dell’Ausl non curiamo solo i pazienti oncologici, ma tutti quelli che hanno bisogno di cure palliative come chi soffre di malattie degenerative, sla, Parkinson, sclerosi multipla che peggiorano nel tempo. In tutto assistiamo circa 4.900 persone".

Ha incontrato persone che le hanno chiesto di morire?

"Sì. Ma nei casi che abbiamo seguito hanno accettato le cure palliative e l’assistenza che veniva offerta. Tutte le sofferenze hanno bisogno di essere ascoltate. Una comunità vera ha il compito di dare una risposta umana, laica, scientificamente corretta, rispettosa di tutti. Per questo abbiamo bisogno di un sistema sanitario universalistico".

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