Il piano post alluvione. Argini, nuovi ponti e delocalizzazioni: "Soldi a chi lascia casa"

L’analisi di Regione e Autorità di bacino: censite oltre 81mila frane. La vicepresidente Priolo: "Il commissario erogherà gli indennizzi". Ma a chi non accetta, nessun rimborso in futuro in caso di altre calamità.

Il piano post alluvione. Argini, nuovi ponti e delocalizzazioni: "Soldi a chi lascia casa"

Il piano post alluvione. Argini, nuovi ponti e delocalizzazioni: "Soldi a chi lascia casa"

di Mariateresa Mastromarino

BOLOGNA

Solo nel territorio montano sono stati individuati 3.400 edifici, abitati o abbandonati che siano, su cui si dovrà intervenire o messi a rischio da una delle 81mila frane dipese dall’alluvione del maggio scorso in Emilia-Romagna. E per le aziende e i cittadini che in quegli immobili hanno vita, lavoro e famiglia, le opzioni sono due: abbandonare l’edificio, ricevendo in cambio un indennizzo del valore della casa erogato dalla struttura commissariale, o rimanere nella propria terra. Al costo, in caso di un’ulteriore calamità naturale, di non ricevere nessun indennizzo. Di questo tratta il Piano speciale preliminare che indica le linee di indirizzo per gli interventi post-alluvione, che vedrà la sua versione definitiva il 30 giugno. Il documento, redatto dall’Autorità di bacino distrettuale del Po con la Regione, accende il faro sulle delocalizzazioni.

"Il cittadino o l’impresa può fare la scelta di accettare l’indennizzo o non delocalizzare – precisa Irene Priolo, vicepresidente dell’Emilia-Romagna –. Ma se non lo fa, alla prossima alluvione, non avrà l’indennizzo". Insomma, "si è liberi di fare una scelta di vita, decidendo, con l’importo, dove acquistare un’altra casa – aggiunge Priolo –. L’edificio rientrerà nella potestà dell’amministrazione comunale, che sarà invitata o alla demolizione o alla non fruizione". Se gli edifici in montagna sono già stati individuati, in pianura "è più complesso – continua Priolo –. Qui si incrociano più aspetti, ma non parliamo degli ambiti più urbanizzati: non delocalizziamo il centro di Faenza".

Intanto, sul fronte fisico, si prevede più spazio per i fiumi, argini più arretrati e tracimazioni controllate, contenimento delle piene a monte con la laminazione così come l’adeguamento dei ponti e infrastrutture a prova di alluvione. "È necessario intervenire sugli argini in modo innovativo – afferma Andrea Colombo, direttore dell’autorità di bacino del Po –. Il sistema di oggi risale ai primi del Novecento e non è più sufficiente. I danni ci saranno anche in futuro, ma le strategie innovative cercheranno di minimizzarli". Tra queste, la costruzione di un gemello digitale. "Il piano è un unicum a livello nazionale – dice Giancarlo Giambardella, presidente del tavolo di coordinamento per i piani speciali –. È la prima volta che elaboriamo un piano come questo in seguito a un’alluvione, pensando a quali opere realizzare per fare in modo che non succeda più".

Gli importi saranno definiti nel piano di giugno e "sarà cura del commissario predisporre le linee di finanziamento in maniera certa e rapida". E parlando di risorse, "il Governo Meloni ha messo a disposizione 1,6 miliardi per oltre seimila interventi per la messa in sicurezza del territorio – rimarca la deputata di FdI Alice Buonguerrieri –. Ha coperto tutte le somme urgenze mettendo in sicurezza i bilanci degli enti locali e ha stanziato 3,5 miliardi per la messa in sicurezza del territorio, per implementare quegli interventi che Bonaccini e i compagni non sono stati capaci di fare. Inoltre sono partiti i ristori per i cittadini e le imprese: a nove mesi dalla nomina del Commissario, i privati stanno ricevendo bonifici pari al 50% del danno riconosciuto".

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