Il re del jazz? Il Sax tenore. Omaggio agli anni Trenta

Parte martedì la rassegna al Giardino delle arti della Fondazione Zucchelli. Due date ogni settimana. Si apre con Matteo Raggi ed Emiliano Pintori.

Il re del jazz? Il Sax tenore. Omaggio agli anni Trenta

Il re del jazz? Il Sax tenore. Omaggio agli anni Trenta

’Il Sax Tenore, The King of Jazz’ è il titolo-manifesto della rassegna ’Jazz, arte e cucina’ di Vicolo Malgrado, cammeo ospitato dal Giardino delle Arti della Fondazione Zucchelli, canovaccio ’Sogn-Arte’ co-firmato da Giovanni Serrazanetti, uomo di jazz di lungo corso, e da Matteo Raggi sassofonista compositore. Tredici date, ogni martedì e giovedì, dall’ 11 giugno all’ 8 agosto, dalle 19,30, con apericena curato da chef Poletti del Polpette e Crescentine a far da contorno al jazz anni Trenta, infilata di melodie e armonie ambrate di un periodo fecondo tra morbidezza dei suoni e ritmi swinganti.

Kermesse per palati fini che ha per costante una serie di duetti ad elevato gradiente artistico, con un sasso-tenorista cui s’affianca di volta in volta un chitarrista o un pianista, selezionati nell’enclave più sofisticata di quanto il jazz bolognese abbia prodotto ’intra moenia’ e non solo. A cominciare dalla serata inaugurale di questo martedì, 11 giugno, che accoglie sul palco il tenorista art director Matteo Raggi assieme a Emiliano Pintori, compositore, virtuoso degli ottantotto tasti, alle tastiere. Mentre il sassofonista di giovedì 13 sarà Barend Middelhof con Marco Bovi alla chitarra. Michele Vignali e Marco Ferri gli altri validi interpreti di quanto il sax tenore sappia raccontare nella storia della musica afroamericana. Matteo Raggi ha cominciato a suonare il sax trent’anni fa, quando conobbe in città il sassofonista di Detroit Larry Smith. "Frequentandolo per una settimana – ammette – mi resi conto di quello che avrei voluto fare da grande".

Perché omaggiare le sonorità degli anni Trenta?

"L’unica spiegazione è che si tratta di suoni che attingono il sublime. Tra l’altro Bologna ha dato asilo a musicisti come Sal Nistico e Steve Grossman che hanno contribuito alla crescita del jazz, specie con le magie del sax tenore".

Il più grande di tutti?

"Scott Hamilton, ma non dimentichiamoci degli italo-americani Charlie Ventura e Filippo Filippelli. Magari esistessero ancora sassofonisti come loro da qualche parte del mondo...".

Serrazanetti, direttore artistico del Polpette e Crescentine, racconta un aneddoto che fa storia. "Una volta chiesi a Sonny Rollins, già ultraottantenne, se continuasse ad esercitarsi quotidianamente. Come no, mi rispose, ogni giorno mi metto davanti al muro cercando all’interno dei pezzi nuove strade. Spero di poter suonare qualcosa di nuovo prima dell’ultimo respiro". g.a.t.