La vita in Appennino in mezzo milione di scatti

Luigi Riccioni sta digitalizzando e catalogando l’archivio dello storico fotografo lizzanese Domenico Margelli, ricevuto dagli eredi

La vita in Appennino in mezzo milione di scatti

La vita in Appennino in mezzo milione di scatti

Tra le ultime foto pubblicate qualche giorno fa, vari scatti fatti tra il 1996 e 1967 a Gaggio Montano: una nonna con la nipotina, uno scatto di famiglia vestita a festa a una serata speciale, ragazzine in abito bianco per la cresima, gruppo di giovani su un trattore Carraro. E sotto la maggior parte delle immagini, nei commenti, i nomi dei protagonisti riconosciuti da amici, famigliari o dagli stessi interpreti. La pagina digitale in questione, piena di foto in bianco e nero d’altri tempi, è il profilo facebook "Archivio digitale D. Margelli", oltre 1000 follower, curato da Luigi Riccioni, appassionato di fotografia dal 1978, perché viaggiava molto, e poi per 15 anni, curatore per l’assessorato all’Agricoltura della Regione dove ha lavorato 30 anni, di una banca immagini. Riccioni, di Lizzano in Belvedere, è diventato custode dell’archivio di Domenico Margelli, fotografo in Lizzano dagli anni Cinquanta e con un archivio di circa 500.000 scatti di cui ne ha scansionati moltissimi. L’assessore alla cultura di Lizzano, Paolo Maini, ha sostenuto l’operazione fornendo computer, stampante e soprattutto uno schermo con cui Riccioni, "cantastorie" fotografico, gira i paesi su richiesta, ricostruendo narrazioni con la gente del posto.

Riccioni, come è entrato a contatto con l’Archivio di Margelli?

"Margelli è deceduto quattro anni fa a 96 anni e gli eredi, non sapendo a chi affidare tutte le fotografie, hanno pensato a me per l’attività che ho sempre svolto e la mia passione per il territorio".

Come inizia la storia del fotografo Domenico Margelli?

"C’era gente che fotografava a Lizzano, ma privatamente, lui invece ha voluto farne una professione aprendo anche il negozio. All’inizio era un po’ spartano, poi quando ha iniziato a utilizzare il banco ottico per fare la ritrattistica, matrimoni, comunioni e cresime, in giro per i comuni del territorio, non solo Lizzano, è diventato un professionista richiestissimo, c’era solo lui".

Cosa ha trovato tra questi 500.000 scatti?

"Una storia professionale divisa in tre blocchi. Pellicole in rullino 24/36 dal 1954 al 1959 di foto mai consegnate e quindi inedite che faceva per sperimentare la fotografia e imparare, per un totale di 75.000 negativi, di cui ne ho recuperati 37.000 scansionandoli. Poi ci sono le foto più sofisticate, circa 200.000, di quando comprò la Rolley per fare le cerimonie e poi i ritratti che iniziò a fare con il banco ottico. Fino al 1970 ha usato il bianco e nero, per poi passare al colore e fino al 2000 ha sempre lavorato coi negativi. Poi l’arrivo del digitale e la concorrenza l’hanno obbligato a trasformare il negozio, dove noleggiava gli sci e gli scarponi per chi andava sul Corno e quando anche lassù aprirono i noleggi, era circa il 2010, lui andò in pensione".

Le sue foto raccontano 50 anni di vita appenninica declinata secondo vari accadimenti.

"La cosa stupefacente è che lui andava ad esempio al Cinema Teatro Giacomo Puccini, dove si toglievano le sedie e si ballava con l’orchestra, lui entrava e fotografava tutti, tante coppie una dopo l’altra, ma mica per venderle le foto, per sperimentare. Oppure fotografava i bambini o ancora andava su a Monte Pizzo, e aspettava la gente che arrivava con la seggiovia fotografandola mentre stava per scendere. Ci sono migliaia e migliaia di soggetti fotografati così".

Benedetta Cucci