L’annuario della video-arte

Non aver mai esaurito la ricerca per sedici anni è un primato. Soprattutto quando si parla di videoarte, linguaggio artistico che ha iniziato a diffondersi dalla metà degli anni Sessanta, anche se i primi vagiti risalgono alla fine dei Cinquanta, e che oggi viene rivitalizzato soprattutto dai mezzi tecnologici sempre più performanti. Ma la ricerca visiva effettiva, poi, com’è? Videoart Yearbook. L’annuario della videoarte italiana si ripresenta questa sera dalle 17,30 alle 20 all’auditorium del DamsLab ed è il proseguimento ideale di quella Settimana internazionale della performance che Renato Barilli, Francesca Alinovi e Roberto Daolio, lanciarono nel 1977, sconvolgendo l’opinione pubblica con l’azione di Abramovic e Ulay.

Gli scenari dell’arte visiva sono sempre il focus, indagato con opere che spaziano dalla video-performance alla computer grafica, offerte al pubblico in un’unica sequenza, come una proiezione cinematografica. Barilli è ancora ‘alla ricerca’ col rinnovato gruppo di lavoro costituito da Piero Deggiovanni, Pasquale Fameli, Silvia Grandi. La formula adottata quest’anno prevede, oltre alla storica selezione di quindici video, una seconda sezione dedicata a tre autori e autrici più volte presenti o rappresentati all’interno del Videoart Yearbook dalla sua creazione: Apotropia, Elena Bellantoni e Devis Venturelli. Nella serata verrà annunciato un accordo molto importante che prevede l’utilizzo di copie digitali di circa quattrocento opere video a fini espositivi all’interno del Mambo, che ospiterà la corposa raccolta di video d’arte italiana di sedici edizioni della rassegna, per poterne garantire la conservazione e la divulgazione.

b. c.

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